«Nel 2019 eravamo qui a condividere con voi il nostro lavoro e le grandi speranze per nuovi risultati. Poi è arrivata la pandemia. Ma ora siamo davvero felici di essere tornati ad Alba e di rivedervi, di rivedere lei, signora Ferrero». Jocelyne Bloch ha aperto così l’evento di Fondazione Ferrero dedicato al tema “Vincere la paralisi dopo una lesione al midollo spinale”. La ricercatrice del centro riabilitativo “.Neuro Restore” di Losanna (il punto prima della N sta a significare la volontà di andare avanti dove tutti si fermano), assieme al collega Grégoire Courtine, già tre anni fa aveva rivelato i primi grandi risultati ottenuti dal lavoro di bio-ingegneristica combinata alla neurochirurgia. L’ammirazione suscitata dai due studiosi era stata tanta e questa volta la magia si è ripetuta, andando anzi oltre. Perché a un certo punto sul palco è apparso Michel Roccati: il primo paziente italiano, il 30enne torinese che un incidente in moto – nel 2017 – ha reso paraplegico. È entrato in scena da solo, spingendo la carrozzina con il tablet dal quale comanda gli impulsi che gli elettrodi collegati al suo addome trasformano in messaggi verso il midollo spinale e quindi la muscolatura delle sue gambe. Che lo fanno camminare. L’applauso della platea di Alba (in prima fila anche il rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco) ha sottolineato l’emozione generale.
Dopo l’introduzione di Bartolomeo Salomone, segretario generale della Fondazione, che ha spiegato come la serata sia stata direttamente ispirata dalla signora Maria Franca Ferrero, e con la presentazione di Ettore Bologna, responsabile scientifico di Fondazione Ferrero, il professor Courtine ha raccontato l’evoluzione della sua idea, l’ambizione di poter curare un giorno un paziente che se arriva in clinica paraplegico, possa un domani uscire da quell’ospedale sulle sue stesse gambe. Un sogno che sembra realizzarsi, risultato dopo risultato. Sullo schermo le immagini dei grafici e delle tabelle di studio, ma non solo: anche i momenti di prorompente gioia dei pazienti impegnati a compiere i primi passi, la felicità sui loro volti e su quelli di tutto lo staff. Sessanta esperti, tra ingegneri dell’École Polytechnique Fédérale, in Svizzera, medici del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois e ricercatori dell’Università di Losanna.
Courtine e Bloch hanno mostrato le immagini dei primi esperimenti con cavie da laboratorio che dopo aver perso la mobilità, riuscivano a muoversi con le stimolazioni prodotte dagli elettrodi. Il primo risultato che «finì in prima pagina sul New York Times», come ha sottolineato Courtine. Con le prove e gli studi, sono arrivati anche segnali inaspettati: le stimolazioni sul midollo spinale che provocano la ricrescita delle fibre. Quando il primo paziente americano riesce a muoversi autonomamente grazie al prodigioso supporto sperimentato dai due ricercatori, le immagini finiscono nel servizio di apertura del tg in prima serata della Bbc. La pandemia impone poi limitazioni alla ricerca, meno viaggi ma necessariamente maggiori riflessioni. Courtine mette a punto l’applicazione Onward che apre nuove prospettive, per dare a tutti l’opportunità di tornare a camminare, con l’ausilio fondamentale dell’Intelligenza Artificiale.
«Michel aveva subito una lesione totale toracica, la sfida era di traferire gli impulsi mentali alla stimolazione muscolare», ha ricordato Jocelyne Bloch riferendosi a Roccati e ripercorrendo il percorso di ricerca che ha poi conquistato una nuova frontiera quando Gert-Jan, paziente olandese tetraplegico totale, si è sottoposto volontariamente alla nuova sperimentazione con un microchip inserito nella scatola cranica che ha reso i movimenti delle gambe più fluidi. I ricercatori svizzeri hanno sottolineato la generica assenza di controindicazioni e l’intenzione di procedere con energia in questa direzione, puntando alla riabilitazione degli arti superiori che hanno movimenti più complessi e al recupero di ulteriori funzionalità fisiologiche, superando le complessità già emerse come la regolazione della pressione arteriosa nei soggetti paraplegici sottoposti alle cure. Per arrivare infine a rendere la scoperta di Bloch e Courtine un beneficio per tutti coloro che ne avranno bisogno. Comprese altre patologie già affrontate con successo: ad esempio, il morbo di Parkinson.
Attualmente, i pazienti sono selezionati e fisicamente prestanti, in grado di lavorare per una rapida riabilitazione. «Ma ogni giorno riceviamo almeno 20 richieste di aiuto da tutto il mondo». Anche nella platea di Alba c’è stato chi ha rivelato storie personali di sofferenza, tendendo una mano verso i ricercatori svizzeri, portatori di speranza. «È la nostra frustrazione», hanno detto. La squadra di studio dovrà essere ampliata, i finanziamenti della ricerca intensificati. «Non andrò in pensione prima di aver visto un paraplegico uscire dalla mia clinica camminando sulle sue gambe», ha concluso Gregoire Courtine tra gli applausi.