Ora tocca ai sensori. La tecnologia del futuro che servirà a monitorare i pericoli di piena del Tanaro e della fitta rete di affluenti, dando l’allarme quando il livello delle acque si alzerà. Aiutando, insomma, a fare prevenzione, che è la vera arma per evitare terribili disastri alluvionali che negli ultimi 30 anni hanno sconvolto l’Alta Val Tanaro, il Cebano, una grande fetta del Cuneese passando da Alba, Clavesana, Farigliano, Monchiero, Garessio, Ormea. Dalla grande alluvione del 1994, di cui si è recentemente celebrato l’anniversario, sono passati 28 anni. A quella ne sono seguite altre: nel 2000 e 2011, che colpirono particolarmente le zone dell’alto e medio Piemonte, nel 2016 e 2020. Tutte hanno letteralmente trascinato via fette di territorio lasciandosi alle spalle un bagaglio di perdite importanti, anche in termini di vite umane e conseguenze economiche. Giorgio Ferraris, storico sindaco di Ormea, già consigliere provinciale e regionale e presidente dell’Unione Montana Alta Valle Tanaro, nel suo lungo corso da amministratore ne ha vissute ben tre e conosce benissimo la necessaria priorità della messa in sicurezza idrogeologica del territorio. Durante l’ultima alluvione, il 2 e 3 ottobre 2020, Ormea rimase isolata per ore, senza luce e gas e in alcune zone anche senza acqua potabile. La statale 28 fu chiusa a monte e a valle e il Tanaro esondò a Ponte di Nava e in paese, nella zona di via Orti, entrò nei fabbricati della cartiera e distrusse i ponti di Barchi e della cartiera stessa. Proprio a Ormea da pochi giorni è entrato in funzione un sensore di livello che permetterà di tenere sotto controllo il Tanaro.
Sindaco, di cosa si tratta e come funzionerà il dispositivo?
«È un progetto sperimentale avviato con una società con sede a Bra che prevede l’installazione di un sensore a monte del paese, collegato a un’applicazione a cui possono accedere coloro che sono deputati a intervenire in caso di emergenza come il sindaco, la Protezione civile e polizia locale. Il sensore permetterà di monitorare i livelli di innalzamento delle acque e ricevere un’allerta così da intervenire tempestivamente in caso di pericolo. L’intendimento è di metterlo ancora più a monte e, valutato il funzionamento, collocarne 12/13 a monte e a valle lungo l’asta del fiume Tanaro, alle confluenze dei torrenti Tanarello e Negrone, dove origina il fiume, e degli altri affluenti. L’obiettivo è di migliorare i sistemi di allerta preventiva in caso di piena ed eventi alluvionali e la sicurezza del territorio». Con le immagini dei disastri anche negli occhi, il primo cittadino ripercorre le ultime tre alluvioni e i passi che ne sono seguiti: «Nel 1994 è piovuto per tre, quattro giorni prima che il livello Tanaro si alzasse come mai fatto prima e l’onda di piena (che iniziò proprio da Ormea, ndr) travolgesse tutto raggiungendo Alba, Asti, Alessandria… Fu una sorpresa, non eravamo preparati a quanto stava accadendo. All’epoca non c’erano protezioni. Dopo quell’evento sono stati fatti molti lavori per contrastare il rischio alluvionale che, negli anni successivi, hanno protetto il nostro paese ma problemi ce ne sono stati anche dopo i lavori. Nel 2016 e nel 2020 abbiamo avuto una portata d’acqua ancora maggiore rispetto al ’94, con innalzamenti repentini sia del Tanaro che degli affluenti e proprio questi ultimi nel 2016 e nel 2020 ci hanno dato i maggiori problemi. Sul nostro territorio l’Armella ha creato danni ingentissimi trascinando a valle metri e metri cubi di materiale, massi, tronchi d’albero. Materiali difficili da portare via perché incassati negli alvei ma che andrebbero rimossi per evitare problemi futuri. C’è il problema del ripristino dei versanti. Diversi lavori (scogliere di protezione, piccoli ponti, ndr) sono stati fatti, altri sono da consolidare. È un meccanismo delicato: solo sul nostro territorio possiamo contare almeno 50 franamenti».
Quali sono le cause maggiori delle alluvioni e cosa si può fare?
«Al di là del cambiamento climatico, che porta piogge concentrate e intense, è necessario mettere in sicurezza il territorio. Nel 2020 la pioggia è durata una notte, ma i danni sono stati ingenti».
C’è poi il problema dello spopolamento della montagna…
«L’abbandono della montagna ha un’incidenza notevole. Prima si facevano un controllo assiduo dei piccoli corsi d’acqua e di pulizia dei boschi, oggi resi “impermeabili” da tappeti di foglie secche che permettono all’acqua di correre a valle molto velocemente, alimentandone la furia e creando franamenti. È possibile fare lavori di contenimento e regimazione delle acque, ma è necessaria una manutenzione continua per metterci al riparo da ciò che può accadere con il cambiamento climatico e le nuove tipologie di pioggia».
Avete in progetto ulteriori opere di messa in sicurezza?
«C’è un progetto da 5 milioni di euro che prevede la realizzazione di cinque grandi briglie sul torrente Armella, ma non abbiamo le forze di farlo come Comune. Abbiamo chiesto un finanziamento Pnrr contro il dissesto idrologico. Ormea ha 1.500 abitanti e 196 chilometri di strade. Possiamo fare piccoli lavori ma non provvedere autonomamente ai grandi progetti».