Alleanza è un termine dalle sfumature antiche, oggi un po’ trascurato, specie nella sua declinazione più locale. Non da Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, che la sceglie come “parola chiave” quando tratteggia – per l’intervista con IDEA – il futuro della Granda. Proprio quella Granda che, nel ruolo di presidente provinciale, ha guidato, con entusiasmo e passione, dal 1988 al 2004.
Quaglia, dal suo osservatorio “privilegiato” come vede la provincia di Cuneo?
«Vedo, con piacere, una provincia capace di preservare le peculiarità che ha acquisito nel tempo. Penso, prima di tutto, al rispetto delle istituzioni, un elemento fondamentale senza il quale non si va da nessuna parte. Poi, cito l’alleanza che hanno saputo stringere le istituzioni, il mondo delle imprese, o business communities che dir si voglia, e la società civile organizzata, con in testa gli enti del terzo settore, le organizzazioni professionali, le fondazioni di origine bancaria, eccetera. Si tratta di una capacità di fare squadra davvero unica, anche perché guarda sempre al futuro. Infine, evidenzio il grande equilibrio che si riscontra tra il Settore Primario, quello Secondario e il Terziario, una sorta di Terza Italia, come l’avrebbero definita i sociologi degli anni Settanta, in cui ciascun ambito cresce e si sviluppa in armonia con gli altri».
Come si è giunti alla svolta?
«Quando si è capito che bisognava superare i campanilismi. Essere affezionati alla propria comunità è positivo e molto importante, ma in parallelo occorre raccordarsi costantemente, in maniera positiva, con le altre comunità che costituiscono il territorio. La bravura degli amministratori locali cuneesi è stata proprio quella di riuscire a trasformare gli elementi potenzialmente conflittuali in autentiche risorse da mettere in comune. Sono le sinergie su cui si basano le alleanze che citavo prima. Questa straordinaria capacità di fare sistema si tocca con mano in diverse situazioni, a partire dagli eventi, che ormai non rappresentano più le eccellenze di una città sola ma quelle di un territorio intero».
Qual è il ruolo delle imprese?
«Le imprese della Granda – non faccio nomi, perché l’elenco sarebbe lunghissimo – hanno nel loro Dna la propensione a creare valore sociale, ovvero valore condiviso, parafrasando Porter e Kramer. Gli imprenditori cuneesi sono chiaramente attenti al profitto, all’andamento e al valore economico delle loro imprese ma, in parallelo, si prendono cura dei territori, delle loro comunità».
Cosa rappresenta invece il comparto del volontariato?
«È una componente altrettanto straordinaria, una vera e propria eccellenza. Ci sono volontari meravigliosi in ogni settore, da quello sociale a quello ospedaliero e assistenziale, passando per l’ambito sportivo e quello di Protezione Civile. Noi, come Fondazione Crt, assieme alle altre fondazioni bancarie del territorio, cerchiamo di alimentare tale vivacità. Senza questo “esercito della solidarietà” la provincia di Cuneo non sarebbe potuta diventare ciò che è oggi».
In Granda, insomma, ci sono persone uniche, come il cavaliere Amilcare Merlo. Che ricordo conserva di lui?
«Ho avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare la figura di Amilcare Merlo soprattutto negli anni in cui ero presidente della Provincia di Cuneo. Abbiamo avuto l’occasione di confrontarci diverse volte, nei vari momenti “forti” della vita della comunità provinciale».
C’è un episodio che l’ha colpita in particolare?
«Ho avuto modo di apprezzare Amilcare Merlo nell’ambito del rilancio dell’aeroporto di Cuneo Levaldigi: lui era legatissimo a questa importante infrastruttura e ha dato un contributo fondamentale. Ma, come dicevo, sono tantissime le situazioni vissute assieme che ricordo con grande affetto. Penso, ad esempio, all’emozionante cerimonia, nel novembre del 2020, durante la quale il Politecnico di Torino conferì al cavaliere Merlo la meritatissima laurea honoris causa in Ingegneria Meccanica. In generale, ho sempre apprezzato il suo approccio positivo e coraggioso, tratto distintivo di un grande imprenditore che ha guardato costantemente al futuro e al mondo, restando però profondamente legato alla sua terra d’origine. È stato e resterà per sempre uno dei migliori simboli del tanto citato “modello Cuneo”. È stato e sarà un esempio per le nuove generazioni. Questo perché ha saputo creare valore sociale, oltre a quello economico».
Quali altri esempi esprimono al meglio la “cuneesità”?
«L’Acquedotto delle Langhe: grazie alla lungimiranza di diversi amministratori locali ha permesso di trasportare l’acqua limpidissima che sgorga dal traforo ferroviario del Tenda fino alla Langa assetata. Un’infrastruttura cruciale per lo sviluppo del territorio, forse ancora più importante di un’altra opera che speriamo di vedere presto conclusa: l’Autostrada Asti-Cuneo».
In tutto questo, che peso ha la cultura?
«Il contributo della cultura è preziosissimo. Prendiamo, ad esempio, il mondo della scuola, che ha diverse eccellenze, a partire dal Campus universitario di Cuneo, dalla sede di Mondovì del Politecnico di Torino e dalle diverse realtà di formazione professionale: sono stato insegnante e dirigente scolastico e posso affermare con certezza che le persone che, in provincia di Cuneo, operano in tali ambiti sono serie, preparate, dedite alla causa e pronte ad affrontare le sfide dell’innovazione. Troppo spesso, purtroppo, queste figure non sono valorizzate come meriterebbero, ma sono essenziali per la costruzione del futuro».
Cultura è anche quella che ha portato i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato a essere riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità. Il 26 novembre, a Santa Vittoria d’Alba (Confraternita di San Francesco, via Roma 1, ore 17,30), riceverà il premio nazionale “Terre, lavoro e paesaggio”. Un commento?
«Sono onorato del riconoscimento: ringrazio Roberto Cerrato per aver pensato a me. La solidarietà, la capacità di aiutarsi a vicenda, il culto del lavoro sono aspetti che derivano dalla cultura vitivinicola, dalla nostra cultura tipicamente contadina. Dobbiamo continuare a farci guidare dai valori della terra».
Dalle sue parole emerge tanto ottimismo. Intravede un futuro roseo per la Granda?
«Il mio non è un ottimismo di facciata, deriva dalla passione che ho per la provincia di Cuneo e dalla fiducia che ho verso la comunità cuneese, le sue istituzioni, le sue organizzazioni, le sue imprese, i suoi giovani. Tutto ciò nonostante le difficoltà del momento. L’importante è che non venga meno l’alleanza di fondo e che si continui a procedere uniti. Perché, come mi piace ribadire spesso, da soli si può anche correre, ma solo insieme si può andare lontano».