L’Associazione Ferrovie Piemontesi contro l’uso improprio della ferrovia Bra-Bastia: “Meglio l’uovo oggi o la gallina domani?”

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L’Associazione si augura che non si impoverisca il territorio del Basso Piemonte eliminando un’infrastruttura importante e capillare

Lunedì 14 luglio 2014 – 9.00

Riceviamo e pubblichiamo: “Gentile Direttore, in questi giorni sono riemerse delle proposte di pista ciclabile al posto del tracciato della linea ferroviaria Bra-Ceva, con il riconfermato Presidente dell’Acquedotto delle Langhe Sud-Occidentali (CALSO), Marco Botto, “incaricato” da alcuni sindaci a condurre una trattativa con RFI che ottenga il comodato d’uso gratuito per l’uso del sedime.

L’Associazione Ferrovie Piemontesi ritiene che l’argomentazione critica verso il progetto sia la seguente: con il ragionamento in termini di singole linee ferroviarie non si va da nessuna parte; se invece si considera il sistema nel suo complesso, come una rete, che poi è l’impostazione alla base di Metrogranda, allora anche la Bra-Ceva ha una sua buona ragione di esistere, tant’è che del progetto fa parte. Essa collega l’area di Bra e Alba al basso Piemonte (cuneese, via diramazione Bastia-Mondovì, valle Tanaro e confine ligure) senza dover allungare il viaggio delle persone o delle cose fino a Cavallermaggiore.

 

È vero che sono passati molti anni dall’ultimo utilizzo della Bra Ceva e che si parla anche di danni: dopo Bastia, in direzione Ceva, un ponte crollato a causa dell’alluvione del 1994 (e 68 miliardi di lire promessi e mai stanziati); la copertura del sedime con la costruzione della Fondovalle Tanaro da Niella verso Lesegno (l’allora Assessore provinciale ai Lavori Pubblici era proprio Marco Botto) dal costo complessivo di 20.912.000 euro; del disarmo di alcuni tratti da parte di RFI. 

 

Ha ancora senso conservare e ricostruire una linea del genere? Si, nell’obiettivo di dotare il territorio di un sistema di trasporti capillare ed efficiente, in cui i mezzi privati, come l’auto e anche la bici, si integrino con il treno che è in grado di collegare i territori più periferici con i nodi principali.
 

Ovviamente è anche un discorso di conti, ma nel senso di quale direzione vogliono prendere gli investimenti: visti i cambiamenti economici e sociali su larga scala, sarà anche su questo fronte che misureremo il grado di benessere dei territori e delle persone. Quale mobilità per persone e per le cose stiamo immaginando? Quella settoriale e a compartimenti stagni, o una in grado di offrire ampia scelta per molteplici esigenze? Intanto, parlando di cifre, lo studio di fattibilità del progetto Metrogranda ha ricevuto un finanziamento di 20.000 euro da parte della Fondazione CRC e la stessa continuerà ad occuparsene per portarlo a termine.
 

Si parla di un territorio che ha la fortuna di essere a ridosso delle aree UNESCO? Del coprire la ferrovia con la pista ciclabile, potrebbe essere più saggio mettere i treni che possano trasportare turisti e le bici verso quelle aree. E naturalmente viceversa, portandoli dalle Langhe verso il Monregalese, evitando loro di dover ricorrere alla mobilità privata automobilistica, con tutti i suoi limiti di costi e di sicurezza.
 

Detto questo, si possono e si devono sistemare altri sentieri ciclabili per muoversi attraverso i bellissimi fondovalle Ellero e Tanaro, cosicché ci sia una continuità turistica tra le aree del Braidese, dell’Albese, Monregalese e Cebano, prevedendo anche eventuali ciclovie lungo le direttrici stradali principali, a sostegno di una domanda di vie di comunicazione sicure per quanti si vogliono spostare in bici non necessariamente per sport.
 

In conclusione, l’Associazione Ferrovie Piemontesi si augura che non si impoverisca il territorio del Basso Piemonte eliminando un’infrastruttura importante e capillare come la Bra-Ceva… Capillarità che è una caratteristica delle ferrovie piemontesi riconosciuta in tutta Italia e che rischi di essere compromessa dalle errate scelte politiche e di gestione degli ultimi anni.

 

Associazione Ferrovie Piemontesi”