«provincia di cuneo: terra dal valore straordinario»

Parla Marco Galateri di Genola, imprenditore e presidente della fondazione culturale Artea

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Il futuro che attende la provincia di Cuneo è ro­seo. Ad assicurare questa ventata d’ottimismo sono il dinamismo delle imprese attive in Granda e la lungimiranza dei loro imprenditori, ma non solo. Ci sono due settori su tutti che incoraggiano: quello turistico e quello culturale. Due comparti, in sintonia reciproca, che custodiscono un potenziale enorme, attraverso il quale il Cuneese può alimentare la propria crescita anche nel prossimo futuro. Ne è convinto Marco Galateri di Genola, imprenditore, uo­mo di grande cultura e pro­fon­do conoscitore di arte e sto­ria, ma prima di tutto cu­nee­se Doc, grazie alle origini piemontesi della sua famiglia, la casata nobiliare dei Ga­lateri di Genola (è fratello di Ga­briele, il marito di Evelina Christillin, già presidente del­le Assicurazioni Generali), e al ruolo di presidente della Fon­dazione Artea. Lo ab­biamo intervistato.

Marco Galateri di Genola, qual è il suo rapporto con la provincia di Cuneo?

«Sono legato alla Granda da un rapporto fortissimo. Tanto per cominciare, sono nato a Mo­na­sterolo di Savigliano, cosa che mi rende cuneese a tutti gli effetti. Poi, la mia fa­miglia ha una proprietà mol­to amata vicino a Cara­glio, che frequentiamo tantissimo».

Parla al plurale.
«Ho tre figlie e undici nipoti e il loro desiderio è sempre quel­l­o di soggiornare a Ca­scina Pa­lazzo, ovvero que­sta no­stra pro­prietà che ab­biamo progressivamente valorizzato».

Non vive più in Granda?
«No, purtroppo. Per ragioni professionali e famigliari, vi­vo a Milano, ma almeno una volta alla settimana mi sposto in provincia di Cuneo. Il legame, come dicevo, è davvero stretto, anche per i miei interessi culturali e artistici».

Sta già programmando il ri­tor­no definitivo?
«Sa qual è il mio sogno? Por­tare una mia attività imprenditoriale in provincia di Cu­neo. Pur­troppo, finora, non sono riuscito a concretizzarlo e quindi sono costretto a trascorrere parte della settimana in Lombardia».

Quali emozioni le suscita il Cuneese?
«Prima di tutto, mi evoca tanti ricordi della giovinezza…».

Ce ne vuole parlare?
«In gioventù io e i miei dodici cu­­gini trascorrevamo l’estate a Villa Fontana, a Mona­ste­ro­lo di Sa­vigliano. Si tratta di una dimora storica circondata da un grande parco, che ap­partiene al­la fa­miglia di mia madre. Sta­­va­mo lì, tutti insieme, per tre mesi. Era fantastico. Ho un ricordo me­­­­raviglioso di quel periodo che ci ha permesso di legare tra noi in maniera straordinaria».

Ci sono ulteriori ricordi che desidera condividere?
«Da ragazzino ero molto ami­co del figlio dei proprietari del Castello della Manta e, spesso, giocavo con lui nella Sa­la Ba­ro­nale del maniero».

Ha altri luoghi del cuore?
«Il Castello di Lagnasco, splendido esempio di residenza rinascimentale che vorrei vedere re­staurato e, se possibile, affidato al Fai come il Ca­stello della Man­ta. Non posso poi non citare il Ca­stel­lo di Racconigi, che l’associazione Amici del Reale Ca­stello, da me presieduta, aiu­ta a valorizzare: è un bene di un’importanza enorme. Ma la lista è lunga e po­trei continuare…».

Prego, ne vale la pena.

«Il Filatoio di Caraglio, uno dei beni “faro” affidato, in termini di attività di promozione, alla Fondazione Artea. Co­me ha dichiarato il noto fotografo americano David LaChapelle, che lo ha visitato di recente e che lo vorrebbe sede di una sua mostra, questo è un luo­go in­cantevole. Ciò sta sicuramente contribuendo a rendere ancora più appetibile la mostra di Steve McCurry (aperta fino al 29 gennaio) che finora ha accolto qualcosa come 13mila visitatori».

Quali altre realtà cuneesi pos­­sono acquisire valore?
«I tesori nascosti in Granda sono tantissimi. Abbiamo un potenziale enorme. Sempre con Artea, grazie al lavoro del direttore generale Davide De Luca e dello staff, stiamo lavorando a diversi progetti di valorizzazione. Do­po gli ottimi risultati della mostra a Sa­luzzo sui Te­sori del Mar­che­­sa­to, vorremmo av­via­re altre iniziative, tra cui un’attività transfrontaliera con la Fran­cia, incentrata sulla valorizzazione del Rina­sci­mento nel­le Alpi Marit­time».

Bisogna sempre più guardare all’estero?
«Bisogna guardare alla promozione turistica nel suo complesso, e quindi anche al­l’estero, dove la conoscenza del nostro territorio può essere migliorata. Le Langhe sono già molto forti anche fuori dai confini nazionali, mentre possono ancora crescere le valli attorno al Mon­viso, che per bellezza e peculiarità meritano la stessa attenzione. Sono stupefacenti. Ricordo, a questo proposito, un imprenditore argentino che, non sapendo delle mie origini cuneesi, mi disse: “Tu non hai idea di che cosa sia la Valle Maira!”. Aveva ragione: la nostra è una provincia di assoluto valore».

In questo contesto quale ruo­lo giocano le imprese?

«La Granda è eccezionale pri­ma di tutto per le capacità imprenditoriali che la caratterizzano. È incredibile scoprire quante sia­no le aziende cu­neesi che, nel­l’ombra, hanno raggiunto un posizionamento internazionale. Cito, ad esempio, la Se­damyl di Saluzzo, cresciuta su impulso dell’amico Mario Fran­dino, purtroppo scomparso di recente. Gli im­prenditori cu­neesi non ama­no molto parlare di sé, ma è op­portuno fare il possibile perché le loro storie vengano raccontate».

Quale futuro immagina per la Granda?

«Sono di natura ottimista e credo che nel 2023 – a patto di essere resilienti – potremo recuperare quello che è mancato nel 2022. Oggi, pensando al mo­mento della Borsa, agli strascichi del Covid, alla guerra in Ucraina, non è facile immaginarlo, ma l’orizzonte che si in­travede è a mio avviso pa­recchio interessante».