«Sport e impegno ma la famiglia resta al centro»

Stefano Viglione: «La svolta? I club dovrebbero far lavorare insieme disabili e normodotati»

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Una vita in equilibrio tra impegno politico, sociale e sportivo. Ma an­che una vita costellata di prove, ancora impegno, sfide e vittorie, vissute sempre accanto alla sua famiglia, che dice orgoglioso, è il suo bene più prezioso. È il ritratto, in estrema sintesi, di Stefano Viglione, classe 1970, laureato in Economia e commercio e impiegato bancario, sposato con una figlia, attualmente è segretario di presidenza della Fondazione Crc al fianco di Ezio Raviola. La carriera politica inizia presto, nel 1994, con l’incarico di consigliere comunale nella sua Mondovì. Un’esperienza che lo instrada sul percorso amministrativo e che lo porta, nel 2007, a diventare sindaco della città. Ruolo che ricopre per due mandati, sino al 2017. Nel mezzo, anche un incarico come assessore provinciale sotto la presidenza dell’Ono­re­vole Raffaele Costa. Nel di­cembre 1991 un terribile incidente stradale sulla To­rino-Savona gli provoca gravi lesioni alla colonna vertebrale, costringendolo sulla sedia a rotelle. Non si arrende, lotta, con i suoi cari sempre accanto si riprende la sua vita. La riabilitazione è allo Stoke Mandeville, in Gran Bretagna, il primo ospedale al mondo per il recupero delle lesioni midollari, noto per rimettere sugli aerei i piloti infortunati della Ras nella seconda guerra mondiale. In cinque mesi torna ad essere autonomo. Pratica sport, dedicandosi in particolare allo sci alpino – che continua a praticare partecipando a gare – diventa un campione con un palmares di tutto rispetto. Con la Nazionale azzurra arriva ad essere campione e poi vicecampione italiano, partecipa ai circuiti di Coppa Europa e Coppa del Mondo. Nel 2006, terminata la carriera agonistica, partecipa come tedoforo alla staffetta olimpica reggendo la fiaccola per un tratto del suo percorso. Il braciere olimpico venne poi acceso dalla campionessa di sci di fondo Stefania Bel­mondo.

È stato protagonista della politica monregalese, oggi è in Fondazione Crc, ma è anche un campione di sci. Ci racconta qualcosa di lei?
«Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita, in modo naturale quasi istintivo. In particolare lo sci alpino che mi ha regalato esperienze straordinarie ed emozionanti, ricordo quando mi allenavo con la nazionale italiana paralimpica. Fare sport vuol dire mettersi in gioco, relazionarsi con gli altri e per chi vive la disabilità può rappresentare uno strumento per recuperare nella vita un ruolo attivo. Tutti elementi che ho ritrovato anche nell’impegno sociale verso la mia comunità, nel ruolo di amministratore locale iniziato a 24 anni e culminato con il doppio mandato da Sindaco nella mia città, Mondovì. Un ruolo di servizio vissuto sempre con grande passione».

Nell’ambito del Bando “Sport e inclusione 2020” promosso da Fondazione Crc, ha partecipato al progetto “Spor­tissimo” rilasciando un’intensa e importante testimonianza all’interno del video prodotto in collaborazione con diverse associazioni del territorio. Quanto è importante, secondo lei, lo sport in un’ottica di inclusione sociale?

«Promuovere e diffondere lo sport per tutti è essenziale. Praticarlo è occasione per recuperare fiducia in se stessi, utile ai fini riabilitativi, op­portunità per stare con gli altri e riprendere le relazioni sociali, tramite per recuperare una vita piena ed attiva… si potrebbe continuare con un lungo elenco di aspetti sempre positivi. Ai fini dell’integrazione e dei valori sociali e un settore essenziale in cui bisognerebbe investire senza se e senza ma».

Quanta strada c’è ancora da fare in questo senso?

«Credo che l’obiettivo ultimo sia superare gli ostacoli fisici e culturali che ancora si frappongono e dividono la società tra normodotati e disabili. Un percorso non facile e ancora tutto in salita. In un’ottica di integrazione le associazioni sportive hanno il compito di aprirsi. Per esempio facendo lavorare insieme disabili e normodotati come avviene nella danza o aprire a corsi misti come nel canottaggio, dove equipaggi compositi remano insieme».

C’è un progetto, una sfida, una vittoria che ricorda con particolare affetto o della quale è particolarmente orgoglioso?
«Sono solito, per carattere, pormi continuamente di fronte a nuove sfide e sviluppare nuovi progetti ma non mi soffermo mai a guardare indietro a valutare quanto fatto, comunque la mia famiglia continua ad essere la cosa per me più importante».

Come detto, lei ha una lunga carriera politica alle spal­le (anche futura?). Cosa con­siglia ai giovani che intendono impegnarsi per la comunità?
«La politica è costruire, è fare comunità, è dedicarsi agli altri, è servizio, passione e sacrificio da non confondersi con i soli obiettivi personali».

Articolo a cura di Erika Nicchiosini