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«Sporcarsi le mani non è mai stato così interessante»

Il progetto del nuovo Museo della Stampa di Mondovì spiegato da Simone Zavattaro

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È stato inaugurato ufficialmente nel gennaio dello scorso anno e ha riaperto al pubblico un paio di mesi dopo, collocandosi in breve tra le eccellenze culturali e turistiche non solo monregalesi, ma del cuneese. È il nuovo allestimento del Mu­seo Civico della Stampa di Mondovì ospitato al piano terreno e, in parte, al primo piano dell’ex convento seicentesco dei Car­melitani Scalzi, all’interno di Liber – Polo culturale delle Orfane. Un luogo incantevole che sorge sul versante meridionale di Mondovì Piazza (ingresso da piazza d’Armi 2/E). Attra­verso un uso sapiente delle nuove tecnologie, il museo esce dall’aura statica del modello ottocentesco e propone un nuovo percorso aprendosi a nuove frontiere museali. Accanto alle macchine della tradizione trova spazio un complesso apparato tecnologico capace di proiettare lo spettatore, attraverso suoni e rumori che riproducono il clangore del laboratorio tipografico, all’interno della fabbrica delle parole. Monitor, riproduzioni video, tablet, modellazione 3D raccontano il funzionamento delle macchine e ridanno vita agli antichi strumenti di lavoro che testimoniano la fatica della creazione di antichi artisti e artigiani. Un museo aperto, che dialoga con il passato e si proietta nel futuro. Ne parliamo con Simone Zavattaro, referente dell’associazione Noau Officina Culturale che gestirà il museo fino a marzo 2024.

Ci racconta di questo nuovo corso (opportunità, difficoltà…)? Quale storia state scrivendo e in quale direzione state crescendo?
«L’obiettivo di questi mesi è stato rimettere il museo dove meritava di essere. Il museo ha vent’anni di storia, ma è rimasto chiuso per cinque anni prima del riallestimento. Prima era gestito da volontari che, nonostante il grande lavoro, non riuscivano a tenerlo sempre aperto. Rico­minciare e al tempo stesso ricostruire un’immagine è stato un lavoro gratificante. A breve partiremo con i laboratori per adulti, abbiamo fatto visite guidate per gruppi organizzati e aziende, mescolato classico e innovativo insieme. Abbiamo cercato di aprirci a Mondovì, ma anche alle realtà esterne proponendo presentazioni di libri, progetti legati al territorio, concerti, ospitando eventi e tante attività con le scuole della provincia e oltre. Ab­biamo cercato di recuperare il tempo passato rendendo il museo appetibile per qualsiasi fascia d’età e pubblico. Non ci sono “solo” macchine da stampa, ma tablet, supporti multimediali: il nostro è un museo contemporaneo che vive di biglietti, ma non solo. Bisogna inventarsi cose nuove per attrarre le persone. Tra le difficoltà della ripartenza gli strascichi del Covid, che ha cambiato le abitudini delle persone, e si sta lavorando a un accesso più fruibile per chi arriva a Piazza con la funicolare: il museo è uno scrigno che va scoperto. L’Am­ministra­zione ci ha aiutato molto, abbiamo un ottimo rapporto con la Giunta attuale e con la Fondazione Crc che ci ha sempre sostenuti scegliendoci, per esempio, per ospitare l’installazione di Susan Philipsz all’interno del progetto “A cielo aperto”».

Quello di Mondovì è un museo in cui “ci si sporca le mani”, “un museo che stampa”. Ci racconta dei macchinari “sto­rici” ancora in funzione?
«Le macchine in esposizione sono tutte funzionanti, ma non tutte attive. Utilizziamo il torchio del 1800 in sala Belloni, due macchine Heidelberg del 1950, una platina e una pianocilindrica, messe a posto grazie alla collaborazione dei volontari che se ne prendono cura e ci stanno passando il loro sapere, sia per quanto riguarda le macchine sia per i laboratori che abbiamo studiato insieme. Sarebbe bello, un domani nel momento in cui il museo sarà più fruito, organizzare visite guidate con esperienze dirette di stampa».

Quali collaborazioni avete attivato e quali le strategie di comunicazione messe in campo per farvi conoscere?
«Continuano le collaborazioni con le associazioni, con i giovani e vecchi tipografi. Abbiamo fatto corsi per formare operatrici per laboratori e guide a cui ho partecipato anche io. Tutti ci siamo mesi in gioco. Collaboriamo con la Funicolare, le aziende del territorio, con la libreria Banco per il bookshop, con l’Archivio tipografico di Torino che stampa con macchine come le nostre. Questo è un museo “pop”: anche nella comunicazione abbiamo cercato un nuovo modo di proporci. Abbiamo ideato gadget come shopper e quaderni che un giorno vorremmo stampare direttamente qui. Anche in questo senso questo è un museo in cui “ci si sporca le mani”. Vogliamo che ciò che avviene qui sia autentico, susciti empatia, voglia di partecipare, che la gente di appassioni. Cosa che accade anche con i visitatori più scettici perché quella di Gutenberg è stata davvero una scoperta rivoluzionaria, che ha permesso di diffondere sapere e cultura, di cambiare il mondo».

Prospettive (e aspettative) per il futuro?
«Vogliamo proporre sempre più laboratori, attività all’esterno con il bel tempo e utilizzare maggiormente la sala per le mostre temporanee. Piccoli passi con l’obiettivo di non stare fermi, di sperimentare, ma sempre con i piedi per terra. Siamo aperti all’ascolto, per capire le esigenze che mano a mano verranno. L’importante è che quello che facciamo sia di qualità, vero e autentico».

Avete progetti in serbo? Ce ne può parlare?
«In essere c’è un progetto con il Comune e il sostegno della Fondazione Crc per “regalare” il trasporto pubblico agli istituti scolastici di Mondovì che vorranno usufruire di visite e laboratori. E poi un progetto con gli altri musei (della Ceramica, Infinitum e Torre del Belvedere) per arrivare ad avere un biglietto di visita unico. È un lavoro generale non solo legato al museo, ma al mondo della cultura talvolta tanto bistrattata».

BaNNER
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