Dalla, musica ovunque per il mito più amato

Nell’aria a Bologna si sente la sua presenza, ha lasciato un immenso patrimonio creativo

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Lucio lo scorso 4 marzo avrebbe compiuto 80 anni. E ne sono trascorsi undici dalla sua morte, avvenuta il 1° marzo del 2012. La data di nascita di Dalla è impressa nella memoria collettiva perché è il titolo di una sua celebre canzone. Come per Battisti, è la storia di un artista pienamente consapevole della sua genialità, di un talento superiore alla media. Si tratta, probabilmente, del tratto distintivo di tutti i fenomeni, in qualsiasi campo. A un certo punto della loro vita si rendono conto di avere un passo più veloce e spedito degli altri. E si adeguano a questa eccellenza. La dosano, sapendo di dover convivere in una realtà che è generalmente mediocre.
Perché è indubbio che anche Dalla andava più veloce, capiva al volo il senso delle cose e mentre realizzava un disco, pensava già a un’idea per quello successivo. Al funerale di Dalla, in quel 2012, c’erano cinquantamila persone fuori da San Petronio a Bologna. Immensa manifestazione d’amore. Un sentimento che si risveglia puntualmente quando capita di riascoltare una sua canzone.
Al netto dell’originalità delle proposte e dell’unicità di certi dettagli, ciò che resta è la grande qualità, la genialità che emerge dalle melodie, dai suoni e dalle parole, oltre che dall’interpretazione di Dalla. Inesauribile l’amore che ricambiava con i suoi fan, passeggiando nelle vie di Bologna, nelle piazze, sotto i portici, alle partite di basket e a quelle di calcio. Era una presenza costante ed è rimasta tale anche dopo la sua scomparsa. Perché nella sua città lo trovi dappertutto anche adesso, è nell’aria. Dalla si identifica in Bologna, e viceversa. Dalla è profondamente italiano. Aveva rivelato, un giorno, di aver incontrato Battisti a pranzo e di avergli in quell’occasione proposto di mettere insieme un tour a due. L’altro Lucio lo ascoltò mangiando, alla fine prese il tovagliolo per pulirsi la bocca e dire che no, non si poteva fare, che lui era molto cambiato e quel tour non avrebbe avuto più senso. Perfettamente coerente.
Da una parte la scelta di vivere nascosto, dall’altra la propensione alla totale visibilità. Anche la musica, per Lucio Dalla, era da vivere così, anche spaziando da un genere all’altro, attraversando diversi territori. Cantando Caruso o la profondità del mare con lirico trasporto e magnifica ispirazione. Oppure ballando in “Attenti al lupo”. Un repertorio sterminato per un cantautore nel senso classico che al tempo stesso è stato anche mistico, amico del teologo Vito Mancuso.
Che una cura ormonale a lui imposta dalla mamma, spaventata per i ritardi nella crescita di Lucio, abbia inciso anche sulla sua identità sessuale – come ha rivelato Pupi Avati – poco importa. Conta invece, che sia stato speciale. La sua creatività spontanea, sempre secondo Avati, emergeva in ogni cosa che faceva. E l’aver vissuto così tanto ogni momento dell’esistenza, alla fine gli ha fatto consumare la vita in fretta. Come se fosse arrivato al traguardo in anticipo sugli altri.