La novità della settimana è senz’altro quella della candidatura del territorio di Alba, Bra, Langhe e Roero a Capitale Italiana della Cultura 2026. In prima linea c’è la città del tartufo bianco, che crede fortemente nel progetto, interpretandolo come un’ulteriore occasione per dare valore al territorio. Di questo e tanto altro abbiamo parlato con il primo cittadino, Carlo Bo.
Sindaco, in caso di esito positivo, la nuova candidatura porterebbe un altro riconoscimento ad Alba. Cosa ne pensa?
«Ad Alba, ma all’intero territorio. Voglio precisarlo…».
Perché?
«Alba è grande assieme a tutta l’area. Un territorio che nel 2014 è divenuto patrimonio dell’umanità per i suoi paesaggi vitivinicoli e che si distingue per alcuni tratti distintivi».
Quali sono?
«Oltre al paesaggio e alla viticoltura, cito la gastronomia – per la quale, nel 2021, Alba è divenuta Città Creativa Unesco, creando poi assieme ad altre due realtà italiane inserite nello stesso circuito, Parma e Bergamo, il Distretto Nazionale della Gastronomia -, la vocazione imprenditoriale – riconosciuta anche nel 2021 con il titolo di Alba Capitale della Cultura d’Impresa -, i suoi valori – rappresentanti dalla Medaglia d’Oro al Valore Militare – e la sua cultura – penso, viste le recenti ricorrenze, a personalità come Beppe Fenoglio e Michele Coppino -. Ma non è tutto».
Cosa fa ancora la differenza?
«La nostra capacità di creare sinergie tra il tessuto economico-produttivo e quello culturale, tra il settore privato e quello pubblico, ma anche tra gli enti pubblici stessi. Ciò richiede peraltro un grande lavoro da parte di molte persone. E si tratta di un “modo di fare” che arriva dal passato, quando diverse persone particolarmente lungimiranti – grandi pionieri, spesso capitani di industria – avviarono il percorso che ci ha permesso di lasciare la “malora” e diventare quello che siamo oggi».
Quindi la nuova candidatura è sorta in maniera spontanea…
«Sì, perché le “culture” che ci contraddistinguono sono tante e peculiari».
È fiducioso?
«Certo. Dovremo però essere bravi in una cosa: rendere la candidatura partecipata, sentita e condivisa dal maggior numero possibile di realtà territoriali, con particolare attenzione a quelle che sono le principali espressioni delle “culture” di cui parlavo prima. Guarderemo anche al tanto di buono che ha fatto, con la propria candidatura, la città di Asti. Insomma, abbiamo tutte le carte in regola per dimostrare ancora una volta di essere un territorio capace di lavorare nell’interesse di tutti».
Una nuova opportunità?
«Sì, la candidatura è un modo per acquisire altra consapevolezza e alimentare un percorso di crescita che dà valore all’intera area».
Perché rimarca tanto il concetto di “territorio”?
«Perché è essenziale e decisivo. È la nostra forza. Un esempio significativo, in questo senso, è l’intuizione di Giacomo Oddero che, coinvolgendo tutto il territorio, riuscì a far comprendere l’importanza di un’opera fondamentale come l’Acquedotto delle Langhe. E oggi, per costruire il nostro futuro, è importante guardare a queste idee, a un modo di lavorare – divenuto un modello – che va oltre le singole Amministrazioni».
Qual è il suo rapporto con gli altri Comuni?
«Con gli altri Sindaci del territorio stiamo lavorando tanto e bene. Lo stesso stiamo facendo con la Regione e la Provincia, oltre che con i rappresentanti del Governo. Sinergie efficaci».
Cosa significa essere sindaco?
«Tanti onori ma pure parecchi oneri. Che si amministri una città di 31mila abitanti dinamica come Alba o un piccolo Comune di Langhe e Roero il sindaco è sempre l’ultimo “baluardo”, è la persona a cui fa riferimento la cittadinanza. L’aspetto più gratificante è la soddisfazione che si coglie quando si riescono a risolvere i problemi».
Il suo personale bilancio a un anno dalle elezioni del 2024?
«Nel mio mandato ci sono state diverse difficoltà, come la pandemia, gli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina, i rincari energetici, ma non voglio che siano un alibi: sono problemi che hanno interessato tutti. Il più grande risultato sarà giungere alla fine dei cinque anni avendo la certezza di non aver snaturato il mio modo di essere. Solo il tempo poi potrà giudicare il nostro operato. Abbiamo concretizzato diverse iniziative – dal rifacimento di piazza Michele Ferrero agli investimenti nel sociale, dal Museo del Tartufo, che aprirà in autunno, al Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche, dall’estensione della Fiera del Tartufo all’arricchimento di Vinum -, ma molti progetti si concluderanno solo nel futuro: penso, ad esempio, al terzo ponte sul Tanaro e alla relativa tangenziale».
Dà parecchia importanza alle infrastrutture…
«Sono il cuore della nostra crescita sostenibile e dello sviluppo delle nostre aziende, oltre che del nostro turismo. Senza infrastrutture adeguate rischiamo di restare fermi. All’orizzonte si intravedono scenari positivi: ecco perché dobbiamo mantenere una posizione univoca, come si sta facendo pure per l’attivazione della Casa della Salute nel “San Lazzaro”».
Non le dispiacerebbe se a inaugurare queste opere in corso fossero altre Amministrazioni?
«No, contano il bene e lo sviluppo di Alba e del territorio. Penso solo a questo, cercando di prendere le distanze da un certo tipo di politica, urlata e ideologizzata, che si preoccupa quasi esclusivamente delle scadenze elettorali piuttosto che del benessere collettivo. Quello di guardare alla crescita del territorio è un atteggiamento virtuoso che, per fortuna, tutte le Amministrazioni albesi del passato hanno avuto e oggi si vedono i risultati».
Detto questo, si ricandiderà?
«È prematuro parlarne. Nell’ultimo anno continuerò a fare del mio meglio per gettare nuove basi affinché Alba e il territorio possano crescere ancora».