Emiliano Blangero sta vivendo una fase della sua giovanissima carriera eccezionale. Ventitré anni il prossimo 9 ottobre, albese, è uno dei pianisti italiani più in voga. Le statistiche di Spotify parlano chiaro: 339.800 ascoltatori al mese. Quasi undici volte l’intera popolazione di Alba. E poi ci sono i palazzetti e gli stadi pieni, come il Pala Alpitour di Torino e l’Arena di Verona, dove il talentuoso artista langarolo ha accompagnato in modo straordinario una star assoluta della musica nazionale come Lazza, che ha scoperto Blangero ascoltandolo su TikTok.
Blangero, che effetto le hanno fatto questi concerti?
«Ho provato emozioni quasi irreali. Al Pala Alpitour, ho pensato subito al fatto che lì avevo visto il mio primo concerto (era di Jovanotti) e che in quel momento, invece, ero io a suonare. Lo stesso è stato a Milano, Bologna e Verona, sempre assieme a un grande come Lazza: un sogno».
Come ha gestito le emozioni?
«È successa una cosa strana, ma piacevole: quando ero lì, avevo dentro di me tanta felicità e sentivo di essere nel posto giusto, di essere immerso nella situazione che avevo sempre immaginato. Come se fossi a casa. Così è stato quasi normale».
Nemmeno prima di salire sul palco si è agitato?
«Ho cercato di eliminare paura e ansia rimanendo concentrato su ciò che dovevo fare».
E l’intesa con Lazza?
«Tra i suoi brani e le mie note è nata una connessione magica. Abbiamo provato parecchio per affinare l’intesa e il risultato raggiunto mi pare molto positivo».
Del resto, lei suona il piano ad alti livelli ormai da tempo.
«Per arrivare qui ci sono anni e anni di studio, prove, sacrifici, lavoro, obiettivi».
Quando è iniziato tutto?
«A circa cinque anni…».
Perché proprio il piano?
«Lo avevamo a casa perché mia madre lo suonava: il merito è soprattutto suo. Me lo ha fatto provare e io me ne sono subito innamorato. Poi, ho iniziato gli studi, incontrato altri artisti, avviato collaborazioni, fatto concerti. E adesso eccomi qui: sono quasi vent’anni che il piano è la mia vita».
Ora è cambiato qualcosa?
«In me nulla. Gli obiettivi e i sogni sono quelli di sempre o, comunque, quelli che mi sono dato tre anni e mezzo fa, quando ho avviato il mio percorso da solista e compositore».
Ha mai temuto di non farcela?
«No. E non per presunzione, assolutamente, ma per convinzione. Con il pianoforte, fin dall’inizio, si è sviluppato un legame speciale. Sentivo che, prima o poi, sarei riuscito a fare qualcosa di buono».
E se fosse andata male con il piano?
«In casa c’era pure una chitarra, ma non ho ancora imparato a suonarla…».
I suoi maestri?
«Ezio Bosso. L’ho incontrato quando avevo quattordici anni: un privilegio. Mi ha fatto comprendere tante cose e mi ha dato consigli incredibili. L’altro è stato Roberto Cacciapaglia».
A chi si ispira?
«Ludovico Einaudi, Olivia Belli, Francesco Tristano».
E il paesaggio la ispira?
«Sono nato ad Alba, mio padre è di Levice, Alta Langa, e mia madre dell’Aquila: i paesaggi, specie quelli langaroli, mi hanno sempre affascinato. Terrazzamenti, noccioleti, stradine, casolari, nebbia, rumori: li porto sempre nel cuore».
Ascolta solo musica da piano?
«No. Mi lascio guidare dalla musica più disparata: pop, rap, rock, jazz. Mi piacciono le contaminazioni».
Il genere non conta, quindi?
«Per me conta l’emozione che ogni brano suscita. È come se, più che un genere, io ascoltassi, appunto, un’emozione».
Poi cosa succede?
«Cerco di tradurre quell’emozione in note, in un brano».
E con i suoi brani che emozione pensa di suscitare?
«Ho avuto l’onore di accompagnare, con la mia musica, la presentazione della scultura “Alba”, in piazza Michele Ferrero. Durante la serata, l’autore, Valerio Berruti, disse che ciascuno avrebbe potuto interpretare quella bambina in maniera differente. Ecco, io la penso esattamente come lui: con le mie note non impongo nulla, ma lascio che ognuno elabori una propria emozione».
Un’emozione universale?
«È il potere della musica: va oltre le parole e le immagini».
Cos’altro la emoziona oltre alla musica?
«Passare del tempo con le persone a cui tengo di più: i miei famigliari, la fidanzata, gli amici».
Nessun hobby?
«Il tempo libero è poco. Ogni tanto, però, una tappa allo stadio con mio padre me la concedo: andiamo a tifare la Juve!».
Quando potremo di nuovo ascoltarla dal vivo in zona?
«Il 20 maggio sarò all’Off Topic di Torino, poi il 1° giugno mi esibirò a Fontanafredda nel concerto benefico con cui la Fondazione E. di Mirafiore sosterrà i progetti per l’Ucraina del Comitato Razom. E il 29 giugno farò tappa a Gorzegno».
Le piace tanto esibirsi dal vivo.
«Farei un concerto al giorno. Il mio più grande sogno è proprio portare la mia musica in tutto il mondo con un tour internazionale. Per emozionarsi insieme».