Una volta nelle nostre zone rurali non esistevano veri e propri dessert. I dolci consistevano più o meno nell’impasto di quanto si infornava, che fossero pane o grissini, con l’aggiunta di un po’ di preziosissimo zucchero, magari di una noce di burro, altrettanto prezioso, e una buona dose di estro e di inventiva, che nella cucina tradizionale non sono mai mancati. La maggior parte dei nostri dolci tipici hanno questa stessa origine, dai Turcet alle paste di meliga, dalle cuquare ai bijoux. Poi ci sono quei dolci nati per una combinazione di territorio, necessità e creatività sotto il segno di «nulla deve andare sprecato». È il caso della Torta amara della Vallera.
Già un nome che in sé contiene l’ossimoro di “torta e amara” lascia intendere quanto questa preparazione sia particolare. L’origine è questa: Vallera è una frazione di Caraglio che dalla notte in estate diventa ritrovo per picnic e merendini, probabilmente grazie alla sua posizione, incastonata tra i boschi, ma non lontana dal centro città, che promette sollievo alla calura estiva. Quando d’estate si accendeva il forno per il pane, insieme venivano cotte le deliziose pesche ripiene che si coltivavano in frazione. Siccome la cultura del recupero era alla base dell’alimentazione, non doveva essere buttato via nemmeno l’interno del nocciolo delle pesche, l’armellina. Il suo gusto amarognolo ricorda quello delle mandorle amare e, utilizzato insieme alle nocciole selvatiche, dava vita alla torta amara della Vallera. Unico accorgimento doveva essere il dosaggio, in quanto l’armellina contiene cianuro ed è, non serve specificarlo, altamente velenosa.
Una storia curiosa, ma non unica: basti pensare a un altro prodotto da forno tipico del Piemonte e della Liguria come l’amaretto. Unico invece è il fatto che non esista una ricetta simile sullo stesso territorio, ragione per cui nel 2005, il comune di Caraglio abbia deciso di conferire la Denominazione Comunale alla Torta Amara della Vallera, con un riconoscimento che aveva fatto epoca perché, oltre ad essere stato uno dei primi in Piemonte, è stato il risultato di una ricerca articolata e appassionata curata da un gruppo di valleresi, primo fra tutti Felice Bruno, esperto di enogastronomia, ai tempi patron del Ristorante il Portichetto di Caraglio dove, con il caffè non poteva mancare un quadratino della nostra torta antica.
E adesso? E adesso verrebbe da dire «Passata la festa, gabbato lo santo» perché è rimasta solo la Panetteria Milone a tenerne alto il vessillo, unica bottega a produrla, ed è per questo che Paola Falco, sindaco di Caraglio ha deciso di dare nuova vita alla torta amara. «Si tratta di una tradizione talmente radicata a Caraglio che sarebbe una grave perdita se fosse dimenticata, per questo l’intenzione è quella di tornare a promuoverla in modo che sia annoverata tra i numerosi prodotti tipici, legati alla nostra città e alla Valle Grana».
A cura di Paola Gula
L’amara dolcezza di Caraglio
La torta della Vallera si fonda su un ossimoro che è diventato eccellenza (l’armellina delle pesche) da preservare. Il progetto del sindaco Paola Falco