«Il paradosso italiano c’è passione per i libri ma poco mercato»

Il direttore di Rai Libri: «Coinvolgo i giornalisti più qualificati su temi in linea con il servizio pubblico. Mi piace raccontare quelle eccellenze che a volte fingiamo di non vedere: sapevate che in Europa la nostra economia circolare è la migliore? Amo i saggi, non apprezzo l’infotainment»

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Occhiali rossi e un’idea di cultura autentica, propositiva ed edificante: Marco Frittella è il direttore di Rai Libri.
Era presente al Salone del Libro di Torino: qual è il suo bilancio personale?
«Ottimo. Tutte le presentazioni sono state affollatissime e le vendite dei libri hanno seguito questo andamento, come confermato delle posizioni d’eccellenza fatte registrare dai nostri libri nelle classifiche di Massaggerie, ovvero “Io sono l’uomo nero” di Ilaria Amenta sul mostro del Circeo e “Passo falso” di Marco Varvello sulle conseguenze della Brexit. Quindi molto bene, abbiamo visto tantissima gente con firmacopie lunghissimi».
Significa che la cultura è un tema che catalizza interesse?
«Dall’affollamento visto al Salone di Torino, si intuisce che c’è un popolo di lettori appassionati: questa edizione è coincisa con un nuovo record di presenze. Se però guardiamo alle classifiche di vendita dei libri, dobbiamo purtroppo evincere che noi siamo tutto tranne che un popolo di lettori. E non è un buon segnale, per nessuno. Da una parte c’è una super produzione editoriale e questo crea un problema di spazi, l’esposizione in vetrina è breve, arrivano sempre scatoloni nuovi, non c’è spazio sugli scaffali. Dall’altra parte i lettori non sono quelli che dovrebbero essere. C’è stato un buon successo editoriale nel tempo del Covid, nella tragedia avevamo rilevato un ritorno alla lettura, ma adesso siamo tornati alla fisiologia pre-Covid. Al­cuni autori sono di largo successo, ma gli altri vendono al massimo qualche migliaio di copie. Se si considera che un best seller di saggistica arriva a circa 2mila copie, in un paese di 60 milioni di abitanti, direi che non va bene. In questo ambito sono contento della nostra piccola parte, nel rispetto del ruolo di servizio pubblico che deve avere la casa editrice della Rai. Non fraintendetemi, non sono un “tristone” che rifiuta tematiche leggere, qualcosa abbiamo fatto anche in questo campo. Ma il focus della casa editrice deve essere la presenza della Rai nel dibattito pubblico nazionale con queste caratteristiche, vogliamo offrite strumenti di riflessione e non di tendenza».
Su IDEA abbiamo di recente intervistato Giorgio Zanchini sul tema dell’identità nazionale: è un esempio calzante?
«Calzantissimo. Mi ero prefissato di cercare le firme più credibili e autorevoli della Rai – e ce ne sono -, proponendo temi da sviluppare: a Giorgio che è un grandissimo giornalista, un uomo colto, ho suggerito un’inchiesta sull’identità nazionale, tema sempre vivo e a maggior ragione oggi. Chi sono gli italiani? Sembra un tema astratto ma è di stringente attualità, ne è venuto fuori un libro rispettoso delle posizioni di tutti, con i caratteri del dibattito. Il libro offre gli strumenti per formarsi un’idea propria, senza faziosità. Mi viene in mente un titolo di qualche anno fa “L’Italia non esiste”: siamo all’opposto».
E si possono fare queste scelte senza subire pressioni dalla politica?
«Nessuno mi ha mai detto cosa fare, mi è stato chiesto di condurre Rai Libri al meglio, nel solco del servizio pubblico. Ma non mi è stato imposto nulla in un anno e mezzo in cui ho fatto scelte pluralistiche: ad esempio coinvolgendo Rober­to Arditti sulla corsa al riarmo (“La guer­ra in casa”), o lo stesso Giorgio Zanchini sull’identità italiana».
La sua passione per i libri in tv na­­sce da lontano: ricordiamo la ru­brica “Billy”.
«La inventai ma non è durata moltissimo. Due anni, non tanto tempo, perché poi sono passato a condurre il tg delle 13,30».
Ma nella vita ha sempre avuto questa priorità?
«Sì, mia moglie dice che sono un bibliomane e non ha tutti i torti. Ammetto di essere un lettore compulsivo».
Che cosa predilige?
«Ahimè, sono un lettore di saggi, confesso il mio limite. Un giorno cercherò di superarlo leggendo narrativa, però la vita mi ha portato a seguire di più la saggistica per forza di cose, per il lavoro di giornalista politico che ho svolto per 40 anni. È un limite, lo so. Mi sento però fortunato perché Rai Libri non è casa editrice di narrativa, a parte qualche eccezione. Ad esempio sta andando benissimo “Il gatto del Papa” di Flavio Insinna che abbiamo pubblicato anche in Germania. Quest’anno invece a Natale la favola la scriverà Veronica Pi­vetti e sarà una bellissima storia».
Eppure oggi hanno successo, ad esempio, le biografie ro­manzate…
«Devo dire la verità, non apprezzo molto. Ne abbiamo parlato anche al Salone con Gustavo Zagrebelsky: senza fare nomi, ma a volte non si capisce cosa si sta leggendo».
Siamo in un periodo in cui realtà e finzione si mescolano sempre più spesso.
«Sono nemico giurato dell’infotainment. Sarò fuori moda, ma da trent’anni al­meno. Sosten­go che l’informazione sia una cosa e l’entertainment un’altra, la com­mistione ha prodotto mostri».
E a proposito dei social?
«Pensavo che fossero una grande opportunità, pur se da governare. Ma da un po’ di tempo – sarà l’età -, prevale il pessimismo. Forse sono più i rischi. Esprimere opinioni su qualunque cosa significa essere in democrazia, d’accordo, ma sono talmente tante le contraddizioni ed è un contesto così permeabile alle strumentalizzazioni, che a volte si va incontro a storture gigantesche. Abbia­mo per esempio scoperto che i social possono condizionare le elezioni di un altro paese. I ri­schi cominciano a essere superiori ai vantaggi».
Quali realtà vorrebbe raccontare con Rai Libri?
«Ho sposato l’idea di un giornalismo positivo e costruttivo, scelta personale che non intendo imporre a nessuno, però a me piace così. Ho scritto un libro in cui racconto le eccellenze del Made in Italy am­bientale (“Italia green”), noi siamo un popolo che parla male di se stesso e dimentica in fretta. Così pochissimi sanno che l’Italia è prima nelle classifiche di economia circolare dell’Unione europea, eppure ho letto un titolo l’altro giorno: “L’Italia rallenta sull’economia circolare”. Sì, però lo fa da una posizione di vertice. Oppure la gestione dei musei: ha cambiato registro da qualche anno: lo vogliamo dire? Andiamo al Museo Egizio di Torino e ci meravigliamo? Io ci sono appena stato, obiettivamente è molto bello. Farò un altro libro sul genio italiano, ma non quello di Leonardo, il genio nascosto. Non amo il giornalismo rabbioso o fanatico, che butta giù. Un conto è la denuncia, un conto cercare cosa non va. E poi c’è tanto giornalismo teleguidato, presunto coraggioso. Ne ho viste troppe…».

CHI È

Nato a Orte (Roma), 64 anni, dal marzo 2022 è Direttore editoriale di Rai Libri, la casa editrice della Rai. Autore di saggi, ha pubblicato nel 2020 il saggio “Italia Green”, mappa delle eccellenze ambientali, e nel 2022 “L’oro d’Italia”, storie di rinascita dei beni storico-artistici italiani

COSA HA FATTO

Caposervizio politico del Gr2, tra il 1989 e il 1991 è stato inviato nella Berlino del crollo del Muro e si è occupato dell’ultima fase della guerra civile libanese. Ha condotto con Monica Giandotti le edizioni invernali di Unomattina fino a un anno fa. Ha ideato e condotto la rubrica “Billy”, biblioteca in tv

COSA FA

Come direttore di Rai Libri, ha partecipato al recente Salone del Libro di Torino, presentando alcuni autori della stessa casa editrice o comunque legati all’azienda come Bruno Vespa con il suo “Kennedy. Fu vera gloria?”, oppure Marco Varvello (corrispondente da Londra) con “Passo falso” sul dopo Brexit e anche Giorgio Zanchini con “Esistono gli italiani?”.