Perché si verificano eventi climatici di questo tipo? Sono prevedibili? Si ripeteranno? Come possiamo difenderci? Abbiamo rivolto queste e altre domande a chi di meteo si occupa per lavoro. Per provare a comprendere meglio il fenomeno atmosferico che giovedì scorso ha colpito pesantemente Langhe, Monferrato e Roero, IDEA ha interpellato la giornalista originaria di Torino, ma milanese d’adozione, Stefania Andriola, esperta del Centro Meteo Expert che vedete sempre sui canali Mediaset nei collegamenti dedicati, appunto, alle previsioni meteorologiche.
Stefania, come si è originato il fenomeno atmosferico che ha seminato tanta distruzione nel basso Piemonte?
«Sull’Italia settentrionale, da alcuni giorni, transitavano in quota delle correnti instabili provenienti dal Nord Europa, portatrici di aria fresca e perturbazioni. In parallelo, da Sud, si stava rafforzando l’Anticiclone Nordafricano, che porta con sé aria rovente. L’incontro tra le due masse d’aria – caratterizzate da temperature molto differenti tra loro – ha innescato questa supercella temporalesca».
Perché il temporale è stato così violento?
«L’aria condotta dall’Anticiclone è caldissima e il calore è il carburante di tutte le perturbazioni. Così, nello scambio di masse d’aria che si è verificato in quota, si è sprigionata tantissima energia. Ecco perché il temporale è stato così forte, il vento ha soffiato tanto velocemente e i chicchi di grandine hanno avuto dimensioni enormi. Non si sono registrati danni come nel basso Piemonte, ma pure nel Milanese, in quello stesso momento, si è abbattuto un temporale decisamente forte che ha causato allagamenti».
Si può “misurare” la potenza di questo evento?
«Uno dei parametri è il vento. Durante questo violento temporale, le centraline di Arpa Piemonte hanno misurato raffiche a quasi 80 km/h. Quindi, non è da escludere che in altri punti non monitorati il vento abbia raggiunto i 100 km/h, raffiche cioè quasi simili a quelle di un uragano di categoria 1 (un uragano viene classificato di categoria 1 quando i suoi venti oltrepassano i 119 km/h). Poi ci sono la quantità di precipitazioni, tutta concentrata in un tempo molto breve, e ovviamente la grandezza inusuale dei chicchi di grandine».
L’aumento globale della temperatura c’entra qualcosa?
«Eccome. Il surriscaldamento globale, con la tropicalizzazione del clima, incrementa le possibilità che si verifichino fenomeni più forti o, addirittura, estremi; ne sono un esempio l’evento che ha colpito, proprio in questi giorni, una parte della Spagna e quello che, a maggio, ha messo in ginocchio l’Emilia-Romagna».
Oltre che all’incremento delle temperature e alla violenza dei fenomeni atmosferici, ci sono altre situazioni che mostrano il cambiamento climatico in atto?
«Sì. L’Anticiclone delle Azzorre, ad esempio, si vede sempre più raramente, mentre, al contrario, si presenta con maggiore frequenza l’Anticiclone Nordafricano. Ciò determina, nella nostra area, estati meno temperate e caratterizzate da temperature parecchio elevate».
Cosa bisogna quindi attendersi d’ora in avanti?
«Un incremento di queste situazioni e, di conseguenza, un aumento dei fenomeni atmosferici estremi. Attenzione: eventi violenti si presentavano anche in passato, ma non con questa frequenza».
Uno scenario non certo rassicurante.
«Non voglio fare allarmismi, anzi. Ma il clima sta cambiando per davvero. Ed è inevitabile, quindi, toccare con mano le conseguenze che questo cambiamento determina».
Il suggerimento?
«Bisogna prendere consapevolezza di tale situazione e comportarsi di conseguenza, informandosi maggiormente su questi temi, adottando comportamenti adeguati prima e durante le calamità e abituandosi all’idea che potremmo trovarci sempre più spesso di fronte a eventi del genere».
Durante le calamità quali sono i comportamenti “giusti”?
«Vanno adottate le buone norme che valgono in tutte le altre situazioni di pericolo o emergenza legate alle condizioni climatiche. Ad esempio, è bene scegliere un luogo riparato, evitando di scendere in zone ribassate o che comunque possono allagarsi, come le cantine, e di uscire per spostare l’auto oppure per recuperare oggetti. Per chi si trova in auto e non può scendere, invece, il consiglio è di sostare, laddove possibile, lontano da potenziali pericoli».
Possibile che non si possa fare altro per prevenire?
«Qualcosa si può fare, specie nell’ambito della tutela del territorio e della prevenzione dei rischi. Penso alla pulizia costante dei letti dei fiumi, oltre che di tombini e scarichi, al contrasto del disboscamento, eccetera. In questo senso, occorrono delle macro-politiche nazionali che – considerando la fragilità dell’intero Paese – riescano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico».
Le previsioni meteo, in questa partita, che ruolo hanno? Riescono a prevedere anche i fenomeni più violenti?
«Quelle che propone il meteorologo – sulla base dell’analisi dei dati provenienti dai satelliti – sono, appunto, delle previsioni. Possiamo cioè prevedere anche i fenomeni di forte intensità, senza però poter dire con esattezza in quale punto del territorio si verificheranno né quale potenza sprigioneranno nella pratica. Basti pensare, guardando al recente caso del Piemonte, che in alcuni territori distanti appena alcune decine di chilometri dalle zone più colpite non è caduto nemmeno un chicco di grandine».
Gli uragani citati prima, invece, sono più prevedibili. Qual è la ragione?
«Gli uragani sono perturbazioni che si originano in vortici di bassa pressione: è quindi relativamente più facile prevederne il percorso o, comunque, monitorarli. Il super temporale arrivato in Piemonte, proprio per le sue caratteristiche, si è presentato quasi all’improvviso, come un rovescio qualsiasi».
In chiusura, come proseguirà l’estate dalle nostre parti?
«È partita la seconda ondata di caldo estremo ma, proprio nelle ore in cui verrà distribuito il giornale, potrebbero verificarsi temporali intensi che andrebbero ad attenuare lievemente le temperature».