«I folletti cuneesi e un ecomostro nel mio corto»

Lorenzo Bussone guida una delle otto troupe Under 30 in gara per il Torino Film Festival

0
1

Due folletti decidono di sacrificare la loro vita per uno scherzetto che gli permetterà di salvare la vita di un pino. Nel processo, saranno in grado di abbattere l’ecomostro dell’Alpe Bianca. Sinossi snella per il cortometraggio firmato da Lorenzo Bus­sone nell’ambito di Pie­monte Factory, Film LabCon­test regionale ideato dall’As­sociazione Piemonte Movie in collaborazione con Regione Pie­monte, Film Commission, Museo Nazionale del Cinema, Agis, Anec e le città di Torino, Alessandria, Asti, Biella, Cu­neo, Novara, Verbania e Ver­celli e dedicato a registi Under 30. La giuria ha selezionato 8 troupe che realizzeranno al­tret­tanti corti nei capoluoghi di provincia piemontesi. Nel percorso di produzione, i giovani filmmaker saranno supportati da tutor e professionisti del settore. Daniele Gaglianone, Ele­na Beatrice e Daniele Lince per la sceneggiatura e regia; Ales­sandro Dominici per la fotografia; Giovanni Corona per il suo­no, Fabio Bobbio per il montaggio; Edoardo Fracchia per la produzione. Destinazione: il To­rino Film Festival che si terrà il prossimo novembre. Bussone, originario di Ciriè, girerà a Cuneo.

Lorenzo, in che modo è arrivato alla regia e come nasce la sua passione?
«L’estate dopo la maturità, an­ziché andare in vacanza, ho deciso che da grande avrei fatto il regista e quindi, come esperimento, ho fatto un film con degli amici. Ci siamo divertiti e mi ha fatto capire le potenzialità del mezzo cinematografico. Dopo ho tentato ingegneria al politecnico ma con scarso successo. In quel periodo ho pensato ad un altro film ma ho optato per creare solamente un trailer anziché il film stesso; nella speranza che qualcuno, prima o poi, creda nell’idea e la finanzi. Quindi ho iniziato e finito la triennale in Dams, realizzando un videoclip per i Millais Flower Honey, una giovane band di Torino davvero originale, e un fashion film che non mi aspettavo potesse vincere un premio per la “Best Cine­matography”. Infatti, in tutti i miei lavori finora ho curato io stesso la fotografia pur non capendoci davvero nulla. Mi limito essenzialmente a filmare come capita e (far) aggiustare in post (dal mio amico Simone, povero diavolo). Inoltre, non ho mai avuto un budget con cui lavorare: tutto ciò che serviva lo recuperavo tramite amici. E infatti devo ringraziare loro in primis per la selezione a questo Contest: in particolare Simo, Samu e Roby. Grazie a loro esiste la Incubo Film Productions: la nostra fittizia casa di produzione, al pari di uno pseudonimo col quale firmo le mie opere».

Cosa l’ha convinta a partecipare al Contest di Piemonte Factory?

«La possibilità di confronto con esperti del settore soprattutto durante le fasi di pre e produzione (che di solito svolgo in solitaria). Inoltre, non ho mai diretto un vero e proprio cortometraggio; quindi, la possibilità di presentarlo in anteprima al Torino Film Festival è una gran bella occasione».

Il corto si intitola “Sull’Alpe Bianca non ci sono pini” e tocca un tema di estrema at­tualità quale il rapporto tra uomo e natura. Ma i livelli di lettura sono diversi. Come ha sviluppato storia e poetica?

«Sinceramente, un mattino mi sono svegliato e ho pensato di avere ancora poco tempo pri­ma della scadenza del bando; quindi, ho vagliato i mezzi a mia disposizione nell’immediato. Non conosco attori: utilizzo i miei amici. Qual è il ruolo che più gli calzerebbe? Due folletti. Cosa fanno di folle due folletti? Proteggono la natura facendosi bombardare all’interno dell’ecomostro dell’Alpe Bianca per distruggerlo. Quel giorno avevo la storia. È stato tutto molto naturale, qua­si istintivo a differenza dei miei precedenti lavori che di solito sviluppo molto più lentamente. Similmente a questi, però, penso che tenderò a lasciare molte cose all’interpretazione dello spettatore. Non mi piace dare significato a qualcosa quando questa potrebbe assumerne invece diversi: lo trovo limitante. Penso che questa ca­ratteristica dei miei lavori possa definirsi parte della mia “poetica”. Comunque, ora do­vrò solo più ampliare e traslare il concept in un altro ecomostro in provincia di Cuneo».

Il Contest prevede l’affiancamento, nella realizzazione dei cortometraggi, di tutor professionisti ed esponenti di ri­lievo del cinema piemontese e nazionale. Quali sono le sue aspettative?
«Spero di poter instaurare un fruttuoso rapporto di confronto e scambio di idee. Intanto, su consiglio di Daniele Ga­glianone, vorrei far parlare i folletti in piemontese. En­trambi non sono assolutamente fluenti in dialetto ma l’idea mi affascina abbastanza. Spero di riuscire a convincerli a imparare».

La presentazione del suo lavoro, come quella degli altri finalisti del Contest, si terrà durante la 41a edizione del Torino Film Festival. Emo­zionato?
«Sono molto felice dell’occasione ma al tempo stesso anche sotto pressione. Con questo corto vorrei riuscire a strappare al pubblico sia una risata sia una lacrima. La seconda la vedo molto difficile ma se do­vesse riuscire potrei ritenermi più che soddisfatto, indipendentemente dall’esito del Con­test. Per altro trovo gli altri lavori finalisti estremamente competenti e interessanti».

Qual è la sfida da vincere per riportare il pubblico a guardare il cinema italiano?
«Io non guardo il cinema italiano contemporaneo perché: o non mi interessa (sono commedie con uno stile che non mi affascina o palesi copie di film stranieri) o non lo trovo in sala (abito in provincia e i piccoli cinema qui vivono solo dei grandi blockbuster americani). Penso che bisognerebbe puntare sui giovani ma in maniera originale, proporre loro qualcosa di davvero giovane, e non l’idea di una generazione precedente, di cosa piaccia ai giovani. Peccato che i registi ar­rivino a fare i loro primi film che escono nelle sale quando la loro generazione non rientra più nella categoria giovane. Per ovviare bi­sognerebbe far fare subito ai registi il loro primo film quando sono ancora giovani. Io, ad esempio, sono giovane ancora per poco. Attendo le vostre proposte».

Articolo a cura di Erika Nicchiosini