«Attenzione alta sui disagi mentali contro i crimini»

Riviviamo assieme al criminologo Biagio Carillo il delitto che in estate ha scosso il Monregalese

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Per qualche giorno, a metà agosto, un caso di cronaca ha tenuto con il fiato sospeso l’intera area del Monregalese. Che cosa è successo? Un duplice omicidio, capace di scuotere profondamente il piccolo centro di Montaldo Mondovì (circa 500 residenti) dove negli anni si è formata una comunità olandese. Viaggiatori che dal nord Europa sono scesi verso l’Italia fermandosi qui, sulle colline proprio a ridosso delle Alpi Marittime e della costa ligure. Non a caso, i protagonisti di questa triste vi­cenda sono tutti originari dei Paesi Bassi: in primis il giovane presunto omicida Sacha Chang, 21 anni, poi le vittime: suo padre Haring Chainfa Chang, 65 anni, e Lambert Ter Horst, 59 anni, proprietario della casa dove i Chang erano ospiti da alcuni giorni. Si trovavano lì per una breve vacanza, avrebbero fatto ritorno in Olanda subito dopo. Il destino ha disegnato una trama diversa.
Lambert, il padrone di casa, era conosciuto per il suo buon carattere e aveva in mente di ampliare la casa acquistata giusto due anni prima. Che cosa sia accaduto nel dettaglio è ancora oggetto di indagini da parte degli inquirenti. In ogni caso, secondo la ricostruzione dei fatti, Sacha avrebbe colpito mortalmente il padre dopo un aspro litigio, per poi uccidere anche l’amico prima di gettare in strada l’arma del delitto (che poi è stata ritrovata) e di fuggire verso i boschi.
Per due giorni Sacha non si è fatto trovare. Le ricerche si erano estese sul territorio tra Torre Mondovì, Roburent, Monastero Vasco, fin quasi a Vicoforte. Per individuare il fuggitivo è servita una vasta operazione con decine di carabinieri coordinati dal comando provinciale di Cuneo, con l’aiuto di cani molecolari specializzati e di due elicotteri che, a turno, hanno sorvolato i paesi della Valle Corsaglia e quelli vicini. Dopo quasi 40 ore vissute alla macchia, il giovane è stato trovato vicino a una chiesetta nel bosco, a San Bernardo di Torre Mondovì (Cuneo), pochi chilometri da Montaldo.
Durante le ricerche era stata diffusa la notizia che Sacha avesse qualche problema psichico, ma «non sono stati trovati documenti relativi al suo stato di salute, è un ambito suscettibile di accertamenti», aveva spiegato subito dopo l’arresto, in conferenza stampa, Giuseppe Carubia, il comandante provinciale dei Carabinieri. Qualche settimana fa, però, Chang è stato trasferito al carcere delle Val­lette di Torino, uno dei ventinove penitenziari in Italia dotati di sezioni specifiche per i detenuti affetti da disagi psichici. Le condizioni di salute mentale del ragazzo non sono state giudicate compatibili con la permanenza presso il Cerialdo di Cuneo, dov’era rinchiuso dalla sera del 18 agosto.
Dopo questi sviluppi, abbiamo approfondito il tema con il nostro esperto di criminologia, Biagio Fabrizio Carillo. «È un punto cruciale – ci ha detto l’autore del recente “Manuale di tecnica dell’investigazione criminologica” – per le valutazioni da fare sull’imputabilità del soggetto, ovvero su quella che è stata la capacità di intendere del ragazzo, di “rendersi conto” in maniera lucida di quello che stava facendo e di autodeterminarsi nella commissione di un delitto così efferato». Va detto che si tratta di una situazione complessa: «È infatti oggetto di perizie psichiatriche e nella letteratura criminologica è un argomento dalle molte sfaccettature, difficile da definire nella sua portata. Quando si tratta di delitti come questo, le valutazioni devono essere ampie per costruire sia l’impianto accusatorio sia quello difensivo».
Resta un dubbio, sostenuto proprio dalle notizie di cronaca. Questa tipologia di delitti è in aumento? Carillo sottolinea quanto sia importante saper cogliere segnali preventivi: «Spesso c’è una linea di confine molto sottile tra la piena normalità e la malattia mentale. Maggiore è l’attenzione del perito, più la diagnosi è sicura o vicina alla realtà. In questi casi di rabbia implosa che si manifesta con il delitto, spesso c’è un’origine nel disagio mentale». Bisogna fare attenzione soprattutto alle dinamiche famigliari? «Non è detto -precisa Carillo – a volte ci sono altre motivazioni. Il punto è che non è facile rendersene conto e per questo solo un bravo e preparato osservatore può accorgersene».
Ecco perché serve un’attenzione sempre alta su questi temi. Prosegue infatti l’ex dirigente dei Nas, da poco nominato assessore alla sicurezza del comune di Chieri: «Assume oggi un ruolo importante, a mio avviso, la figura dello psicologo oltre alle campagne di sensibilizzazione e formazione che possono fornire notizie utili in questo ambito».
Per quanto riguarda le indagini e le ricerche che hanno coinvolto quest’estate decine di Carabinieri sul campo tra boschi di Mondovì, Carillo non entra nel merito ma ci ricorda quanto sia difficile per chi scappa evitare di lasciare tracce della sua fuga: «Con i moderni sistemi tecnologici, sparire del tutto è davvero difficile. E questo anche se non si usa il proprio telefono, perché esistono comunque le immagini satellitari in grado di tracciare il percorso di una persona». Resta il dramma di un ragazzo omicida, due vittime e una comunità in subbuglio.

E il generale ha premiato i carabinieri di Cuneo

Il generale di brigata Antonio Di Stasio, comandante della Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, ha incontrato al comando provinciale di Cuneo dell’Arma, una rappresentanza dei Carabinieri che hanno localizzato e quindi tratto in arresto Sacha Chang, il giovane olandese che aveva ucciso il padre e un connazionale a Montaldo Mondovì.
I militari avevano perlustrato per 48 ore ininterrotte i boschi del monregalese e il generale Di Stasio ha voluto esprimere personalmente il suo apprezzamento al comandante provinciale, il colonnello Giusep­pe Carubia, e a tutti gli uomini che hanno operato, sottolineandone oltre alla “prontezza operativa” anche il «grande senso di umanità dimostrato, come nello spirito dell’Arma».
Proprio queste caratteristiche rappresentano «l’elemento più importante che caratterizza l’Arma: andare oltre il risultato investigativo, guardare prima alla donna e all’uomo che purtroppo, per cause varie, commette un reato. Il frutto di una cultura istituzionale che l’Ar­ma ha da più di 200 anni», è stato il senso del discorso fatto dal Generale.