Le vacanze sono terminate ed il Parlamento gira a pieno “regime” (è forse il caso di cominciare a considerare anche questa eventualità)
Leader dei partiti di maggioranza e ministri più in vista del governo Meloni girano l’Italia in un incessante tourbillon propagandistico, attaccandosi l’un l’altra.
La campagna elettorale, europea e regionale, alle porte richiama nel Bel Paese anche rinforzi d’Oltralpe, come il recente blitz di Marine e Marion Le Pen, la zia e la nipote “nationale”. Ospite di Orban, “il” premier annuncia di voler difendere nientemeno che nostro Signore. Manca solo più che Salvini si riabbracci con Putin.
Intanto l’Italia va! O meglio galleggia, alla deriva, senza una rotta: la benzina ha sfondato i 2 euro, il PNRR è incagliato, la riduzione delle tasse rinviata, stipendi e pensioni sempre al palo.
Crescono solo gli sbarchi di disperati definiti invasori per cui stiamo approntando centri di detenzione da milioni di euro di nuova spesa pubblica. Per chi di loro sopravvive alla traversata del Mediterraneo.
Crescono, ahimè, anche gli incidenti sul lavoro, le liste d’attesa per le visite mediche, le strade interrotte, le linee ferroviarie sospese, le scuole inagibili.
Ma l’Italia va! Riconquistata la meritata posizione (quale di preciso?) sulla scena europea ed internazionale, almeno nella narrazione garantita dalla grancassa mediatica frutto dall’occupazione predatoria di ogni posto. E pazienza per il pluralismo, il tanto evocato merito e competenza.
Ben sapendo che un conto è fare propaganda, altro è governare, comprendiamo che il momento storico sia estremamente complesso mentre le soluzioni non sono facili come le promesse di campagna elettorale.
Pertanto sarebbe saggio lasciar lavorare almeno quelle articolazioni territoriali del quadro istituzionale che, seppur con fatica, tengono una rotta invece di incasinare i programmi di investimento mischiando le carte dei fondi UE.
Così come non si tengano in ostaggio comuni e province, nell’abbaglio di una riforma ideologica quanto illusoria, che in realtà la stessa maggioranza Meloni ha già posticipato al 2025 o meglio, a data da destinarsi.
Gli amministratori meritano rispetto e non decisioni calate dall’alto per obiettivi meramente elettorali e deflagranti per le comunità locali. I consigli provinciali sono in scadenza e ad essi è dovuto quel minimo di certezza affinché possano svolgere il ruolo a cui sono preposti. Quanto al consiglio regionale, la maggioranza Cirio abbia la decenza di farlo funzionare: la mancanza di numero legale 30 volte su 47 è uno schiaffo ai cittadini contribuenti!