I filosofi direbbero che Pep Guardiola, l’allenatore del Manchester City campione d’Inghilterra e d’Europa, incarna l’arte della maieutica. Un parolone per dire che il tecnico catalano, uno dei più vincenti e influenti coach dell’intera storia del calcio, ha una dote speciale nel ricercare la verità e nel sollecitare le altre persone a farlo. Con il suo carisma sa ispirare, infondere fiducia e, soprattutto, far emergere il talento più puro che è in ciascuno di noi. È per questo che la Fondazione Crc del presidente Ezio Raviola lo ha scelto come grande ospite dei Dialoghi sul Talento 2023, andati in scena lunedì 9 ottobre, al Palazzetto dello Sport di Cuneo. La risposta del pubblico è stata straordinaria: oltre 3.500 studenti in visibilio sugli spalti; un centinaio di giornalisti accreditati da tutta Italia; migliaia di utenti collegati online per la diretta streaming. Un evento storico, non c’è che dire: per Cuneo, la provincia Granda e i suoi giovani. Quei giovani su cui la Fondazione Crc punta parecchio, «tanto da aver inserito negli obiettivi programmatici proprio la crescita delle nuove generazioni», come ha spiegato il presidente Raviola.
Una propensione al futuro rimarcata nell’evento con Guardiola – realizzato in collaborazione con la Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus e la Fondazione Guardiola Sala, con il supporto di Collisioni – e con un’infinita serie di iniziative concrete: il sostegno alle associazioni giovanili e sportive, anche in fatto di ristrutturazione di impianti, la promozione dello sport outdoor, il progetto “Generazione delle Idee” e, soprattutto, il Rondò dei Talenti, «immobile fatiscente che abbiamo riqualificato e restituito alla collettività, con un occhio di riguardo per i nostri giovani affinché possano sviluppare il proprio talento. Anzi, i propri talenti: ciascuno di noi ne possiede cinque, ma bisogna conoscerli, capirli, svilupparli».
Prima del Dialogo, moderato dal condirettore Sport di TgCom24 Alberto Brandi, spazio ai saluti: il presidente della Provincia Luca Robaldo («Ragazzi, approfittate di occasioni come queste per trarre ispirazione e avere sempre più voglia di futuro, perché il vostro successo sarà il nostro successo»), il sindaco di Cuneo Patrizia Manassero («Uno spettacolo vedere tutti questi studenti per un momento che rimarca il valore dello sport anche in campo sociale»), oltre a Giovanni Azzone, vicepresidente dell’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio (Acri) e presidente di Fondazione Cariplo, e Fabrizio Palenzona, presidente della Consulta delle Fondazioni di Origine Bancaria del Piemonte e della Liguria.
Poi ha preso la parola Pere Guardiola, fratello di Pep e presidente della Fondazione Guardiola Sala: «La nostra è ancora una realtà piccola, nata appena tre anni fa – ha detto -, ma l’obiettivo è chiaro: favorire, attraverso lo sport, l’inclusione sociale nel nostro territorio».
A seguire “l’uno-due” Ezio Raviola-Massimo Mauro: Mauro, ricordando il compianto Luca Vialli, ha evidenziato la valenza pure di un altro progetto “pro talento” sostenuto dalla Fondazione (il torneo benefico di calcio giovanile “Alba dei campioni”); il Presidente della Fondazione Crc ha invece confezionato l’assist decisivo per Pep: «Noi grandi – ha detto Raviola – abbiamo fatto tante cose sbagliate, ma se lavoreremo tutti insieme, come accaduto oggi per portare a Cuneo Guardiola, potremo fare altre grandi cose». Ed eccolo, Pep. A casa, il suo talento cerca di coltivarlo così: «Cerco di essere buono», ha osservato l’allenatore spagnolo. E sul rettangolo di gioco? Intanto, ricordando da dove arriva, «ossia da una piccola realtà, dove si giocava a pallone e si andava in bici. E basta. All’epoca, volevo solo stare con gli amici, studiare e giocare a pallone, ma non sognavo mica in grande. E piangevo di fronte alle ingiustizie». Ma la sua storia sarebbe potuta andare anche diversamente. «In questo senso – ha aggiunto – conta tanto anche il fattore fortuna. Al Barcellona, ad esempio, ho trovato giocatori straordinari e una società che mi proteggeva». Giocatori come Messi. «Il più forte, incredibile. Haaland? Gli somiglia per il senso del gol». Che spettacolo, Pep allenatore. Per fortuna che con il pallone è andata bene. «Altrimenti, avrei fatto volentieri il professore di storia». Invece è arrivato il calcio, che allo stesso Guardiola ha regalato esperienze uniche. Le vittorie? Certo, «dove la chiave è stata il gioco di squadra», ma soprattutto le esperienze umane, «come gli incontri con Baggio e Mazzone, dato che nello sport, come nella vita, si vince e soprattutto si perde». Baggio e Mazzone, ovvero l’Italia: «Un Paese che amo – ha confermato Pep -; ci torno quando posso, per i cibi, la gente, i luoghi».
E il talento degli altri? «Amo il talento e i talenti. E ai giovani – ha risposto alla domanda che gli abbiamo posto – dico che il talento non si sviluppa rimanendo sul divano guardando Instagram, ma con il lavoro, con un processo continuo e pure sbagliando. Senza sacrificio non si va da nessuna parte». «L’altro consiglio – ha rimarcato – è non basare la propria vita su ciò che dicono gli altri: concentratevi su ciò che sentite dentro, senza lasciarvi sopraffare dall’ansia da prestazione».
«E se non saremo tutti campioni – si è agganciato Ezio Raviola -, pazienza. L’importante è usare i propri talenti per essere protagonisti nella vita». Applausi.
Le storie di Sara Curtis e Anna Arnaudo: «Per ottenere risultati bisogna lottare»
In platea c’erano anche altri ex campioni del mondo calcistico, tra cui Ciro Ferrara ed Enrico Chiesa. E pure loro hanno applaudito i messaggi sul talento, oltre che i talenti di “casa nostra”: la più volte citata Marta Bassino e altre due portacolori della Granda eccezionali, ovvero la mezzofondista Anna Arnaudo e la nuotatrice Sara Curtis, queste ultime presenti di persona all’evento. La Arnaudo, campionessa nello sport, ma anche a scuola, visto che studia con successo Ingegneria Informatica, ha raccontato come il talento le sia servito per superare un momento particolarmente difficile: «A diciotto anni – ha raccontato – mi è stato diagnosticato il diabete mellito di tipo 1, malattia purtroppo non curabile. Mi è crollato il mondo addosso, ma quando mi è stato detto che avrei comunque potuto continuare a fare atletica ho ricominciato a lottare e ho imparato a dare più valore al mio tempo. E adesso è arrivata pure la Nazionale». Sara Curtis, intervistata di recente da IDEA, ha ribadito il suo obiettivo: andare alle Olimpiadi di Parigi. Ma anche qui, ecco che entra in gioco il suo talento: «Sogno i Giochi Olimpici, certo, ma resto con i piedi per terra. Studio e mi alleno tutti i giorni a testa bassa, con umiltà, orgogliosa delle mie passioni, come i libri e la moto, oltre che di essere sia italiana che nigeriana. Ed è per questo che le treccine ci saranno sempre». Due altre lezioni straordinarie. Coltivare il talento si può.