La custodia della tradizione – e delle ricchezze ad essa legate – può costituire un valore aggiunto per l’esaltazione delle eccellenze. Lo sostiene con trasporto, cura ed energia Giuseppe Calabrese – noto al grande pubblico come Peppone -, conduttore di “Linea Verde” su Rai 1, ma anche direttore artistico del Festival della Reciprocità delle Tre Terre Canavesane e ambasciatore della dieta mediterranea nel mondo. In occasione della sua partecipazione alla Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, ad Alba, lo abbiamo intervistato sul fascino delle province, sulle emozioni del suo impegno televisivo e, più in generale, sul suo legame con il Cuneese.
Peppone, cosa le è piaciuto dell’evento di Alba?
«Ho riscontrato un livello organizzativo altissimo. Si avvertono grande esperienza e dimestichezza. L’evento è portato avanti con consapevolezza e non soltanto con la passione che, da sola, per la voglia di strafare, può indurre all’errore. Ad Alba si percepisce un’enorme maturità nella gestione e, proprio per questo, vi è un’apertura a recepire anche nuove tendenze e nuove forme di narrazione, come quella che abbiamo portato con il Canavese».
Ce ne parli.
«Abbiamo presentato il progetto “Le Tre Terre Canavesane” e sancito una collaborazione con il Comune di Caluso e i suoi vini, come l’Erbaluce. Abbiamo deciso di raccontare l’autenticità e lo stile di quel territorio, portando con noi una mamma-cuoca invece di uno chef stellato, per illustrare la tradizione culturale canavesana. Tra le altre cose è stata preparata la tradizionale faseuj e quaiette (fagioli con le cotiche), cotta nella tofeja in ceramica di Castellamonte. E sono stati proposti pure diversi abbinamenti cibo-vino».
Così avete raccontato il Festival della Reciprocità, di cui è l’anima.
«Il festival è nato coinvolgendo i comuni di Agliè, Castellamonte e San Giorgio Canavese, dalla loro decisione di unire le forze. Si tratta di una mia invenzione, che parte da una definizione di Zamagni: “La reciprocità è dare senza perdere e prendere senza togliere”. Abbiamo pieno rispetto dell’importanza delle relazioni, consapevoli del fatto che la provincia sia in grado di custodire elementi di enorme valore».
Valori ed eccellenze che definiscono certamente la provincia di Cuneo: tartufo, ma anche vini, nocciole e tanto altro. Quanto la affascina questo patrimonio?
«Ne ho fatto una missione di vita. Collaboravo con il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) prima di lasciare e dedicarmi al desiderio di fare l’oste-custode, coltivando le eccellenze e le tradizioni dei territori. Dobbiamo entrare nell’ottica che vivere in provincia è possibile. Per farlo, però, bisogna partecipare attivamente a tutti i suoi processi, facendo così crescere energeticamente l’idea stessa della provincia e valorizzando di conseguenza le sue eccellenze. Occorre farlo con scienza e coscienza».
Questa forte passione per la gastronomia e per le tradizioni l’ha poi portata in tv. Come si è avvicinato al piccolo schermo?
«È stata la tv ad avvicinarsi a me. Un giorno si presentò al mio locale un cliente. Mi intrattenni tutta la serata con lui, parlando di cibo e calcio. Quella stessa persona – con cui, negli anni, avrei poi instaurato un rapporto di amicizia – si ripresentò al ristorante con Amadeus: in quel momento capii che si trattava di uno dei vertici della Rai. Dopo un po’ di tempo mi chiamò un’autrice de “La prova del cuoco”: mi propose un provino per lavorare da inviato nel programma. Da lì mi sono spostato a “Linea Verde”, di cui sono conduttore da sette anni».
Quali sono le emozioni più belle legate al programma?
«Senza dubbio l’emozione che avverto nelle persone quando ci incontriamo. Questo è anche il motivo per cui lo faccio, visto che richiede tantissimi sacrifici tra viaggi e giorni passati fuori casa. Per la gente del posto, avere “Linea Verde” nei propri luoghi è spesso il giorno più bello della loro vita. Cerco sempre di fare un passo indietro, in modo che siano loro i protagonisti: non sono un eroe, ma l’anti-eroe – sono anche paffutello – e rispetto profondamente il loro lavoro».
Molte puntate l’hanno portata nella Granda. Cosa la colpisce della gente cuneese?
«Mi fa impazzire soprattutto un aspetto. I cuneesi sembrano inizialmente distanti e schivi, quasi come se ti osservassero dalle retrovie, ma quando imparano a fidarsi e a capire il valore di una persona, poi sono altamente meritocratici. Questo mi affascina tantissimo».
È molto amato dal pubblico. Come si rapporta a tutto questo affetto?
«L’amore del pubblico mi sorprende ogni volta. È grazie a loro che “viviamo”, quindi sono sempre disponibile per scattare una foto e, in generale, per qualsiasi forma di relazione. Do sempre grande valore all’incontro, per me è fondamentale».
Per quanto riguarda il futuro, invece, che progetti ha?
«Amo “Linea Verde”, la sento mia e mi auguro per il futuro di poter continuare».