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Reina de Paris

Accusata di aver sfruttato a fini privati un viaggio istituzionale, la sindaca Anne Hidalgo, come sempre, divide. Ma la Commissione etica esclude irregolarità

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L’avevano battezzato “Tahitigate” perché ambientato tra le lagune della più grande isola polinesiana: un presunto scandalo per Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, assolta dalla Commissione etica ma a lungo nell’occhio del ciclone, accusata d’aver profittato di una visita al sito olimpico delle gare di surf per andare a trovare con la famiglia la figlia trasferitasi laggiù. «Ho pagato personalmente il viaggio di ritorno» la replica immediata e documentata, che tuttavia non aveva placato la polemica in Francia né impedito che si diffondesse oltre i confini. Anche perché, sulla spiaggia dei Giochi, Hidalgo nemmeno è andata a causa di proteste ambientaliste. Un paradosso, al di là della missione svuotata e dei dubbi sull’opportunità, essendo lei dell’ecologia paladina convinta, talvolta esagerata – perciò osteggiata dalle politiche rivali – talaltra originale fino a sfiorare l’eccentricità, basti ricordare l’Investment Forum di Bruxelles dove diversi sindaci europei s’erano riuniti per illustrare le proposte per ricostruire Kiev e lei non aveva trovato di meglio che suggerire di ripartire dalle piste ciclabili.
A Parigi i rivali rinfacciano i miliardi spesi per la vegetalizzazione della città e anche tra chi condivide le sue idee c’è chi è perplesso rilevando altre priorità, ma a critiche e dubbi corrispondono applausi e incoraggiamenti, riconoscendosi la forza del suo impegno e l’importanza della visione europea: «Le città sono spazi di democrazia, dove attuare la transizione ecologica e combattere le disuguaglianze. Ma devono lavorare insieme». Modello per molti, è stata indicata tale anche dalla segretaria Pd Schlein con riferimento a «temi sociali, investimenti e mobilità sostenibile».
È destino che Hidalgo debba dividere, che il suo operato non contempli vie di mezzo, c’è chi, acido, la chiama “Notre-Drame-de-Paris” e chi le affida il futuro: «I parigini hanno scelto la speranza!» commentò dopo la seconda elezione, lei che era stata la prima donna della storia ad amministrare Parigi, promettendo da subito la trasformazione in città verde senza inquinamento, destinata a una mobilità diversa, più attiva e sostenibile, con la revisione dello spazio urbano a favore delle persone e non delle automobili. L’altalena di giudizio è già qui, d’altronde ovunque le pedonizzazioni spaccano, già quando chiuse alcune vie di scorrimento sul lungo Senna attirò le ire di automobilisti e l’accusa contraria di rendere invivibile la metropoli. Punti di vista, ma è anche vero che un politico che guarda al futuro e non bada a larghi consensi immediati merita rispetto di per se e che talune altre idee – trasporti pubblici gratis per gli under 18, prodotti km zero nelle mense scolastiche – possono essere discussi nei costi e nell’attuazione, non certo nella bontà.
Spagnola di nascita, cresciuta a Lione dove la famiglia si trasferì nel 1963 quando aveva 4 anni, è laureata in scienze sociali, vive a Parigi dal 1983 e dal ’94 è iscritta al partito socialista, prima di diventare lei Reina de Paris è stata braccio destro del sindaco Bertrand Delanoe. Il Tahitigate l’aveva travolta, lei s’era difesa, c’era chi si fidava delle accuse e chi le credeva ciecamente. Divisiva. Un destino. Ma contano fatti. E la Commissione Etica ha stabilito che il viaggio è stato regolare.

BaNNER
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