Il Comitato 10Febbraio di Cuneo, l’associazione culturale che prende il nome dal “Giorno del Ricordo dei martiri delle Foibe”, si è riunito ieri a Fossano, presso la sede dell’associazione Nazionale Alpini per programmare le attività future e le iniziative che metteranno in campo per “sensibilizzare le amministrazioni pubbliche al rispetto della legge del 30 marzo 2004 che è stata istituita per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe”, come ha spiegato Denis Scotti, presidente del comitato provinciale.
Insieme a lui, al tavolo dei lavori per realizzare iniziative in vari comuni della Granda: Anna Mantini, dirigente del Comitato 10 Febbraio e presidente dell’associazione Il Ragno, il Generale Antonio Zerrillo dirigente Comitato 10 Febbraio dell’Associazione Nazionale volontari di guerra, Maurizio Occelli, consigliere comunale di Savigliano, Ivanoe Lai assessore di Castelmagno, Sagjonevo Kulari, dirigente del Comitato 10 Febbraio, Chiara Carlini, giornalista. Per l’Associazione Nazionale Alpini che ha ospitato l’incontro e che collaborerà alla realizzazione di alcune iniziative come già avvenuto negli anni passati, era presente Aldo Meinero, presidente del Memoriale della divisione alpina Cuneense, Maurizio Castelli e Silvio Garelli.
Quest’anno il Giorno del ricordo avrà una valenza particolare, come spiegano dal Comitato, “perché solo pochi mesi fa, è passato al Senato il disegno di legge che istituisce i ‘viaggi del ricordo’ per far conoscere finalmente ai giovani la tragedia delle foibe. Pagina amara e, purtroppo, ancora relegata all’oblio della storia e di certi storici. Ci auguriamo – sottolineano – che si arrivi a una memoria condivisa e si renda giustizia agli italiani trucidati dai soldati del generale Tito”. Battaglia storica del senatore triestino Roberto Menia ha accolto con grande soddisfazione l’approvazione in Senato e che Scotti spera venga a Cuneo per la prima volta, in occasione di un convegno storico di ampio respiro.
In occasione dell’incontro, Denis Scotti e Sagjonevo Kulari hanno donato al gruppo degli alpini una targa commemorativa per ringraziarli per l’impegno e la dedizione nell’opera della memoria. Nelle foto il gruppo di lavoro, il momento della consegna della targa al presidente dell’associazione alpini, Aldo Meinero.
INFO UTILI:
Giornata delle celebrazioni: La data del 10 febbraio per il Giorno del Ricordo è stata scelta e istituita con legge n.92 il 30 marzo 2004 e la scelta non è stata casuale. Infatti proprio il 10 febbraio 1947 furono firmati i trattati di Pace a Parigi con il quale si assegnavano l’Istria, Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia.
Quando, e da chi, vennero commessi i crimini: Tra il 1943 e il 1947 vennero gettati nelle cavità carsiche, appunto le foibe, quasi diecimila persone dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia da parte dei partigiani comunisti del Maresciallo Tito: Una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico verso i non comunisti e una volontà criminale di pulizia etnica da parte del generale Josip Broz Tito. Il massacro è andato avanti fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, venne fissato il confine tra l’Italia e la Jugoslavia e le terre italiane di Istria e della Dalmazia passarono alla Jugoslavia.
Chi erano le vittime: uomini, donne, bambini, anziani, fascisti, liberal-democratici, socialisti, uomini di chiesa, carabinieri, poliziotti e guardie di finanza, accomunati tutti da un’unica colpa, quella di essere italiani. Vittime di un genocidio etnico seguito alla perdita di quelle regioni dopo la seconda guerra mondiale. Furono uccisi e gettati nelle foibe, in molti casi ancora vivi e legati tra loro, oltre 10mila italiani. Si stima che i giuliani e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine siano stati oltre 350mila.
Come furono uccisi: le foibe sono grandi caverne verticali naturali (pozzi profondi anche 250 metri) tipici della regione carsica e dell’Istria. Solo in Istria se ne contano circa 1700. Ma il termine, usato normalmente dai geologi, è anche il sinonimo degli atroci crimini avvenuti tra il 43’ e il 47’ ai danni degli italiani per opera dei soldai titini. Le uccisioni avvenivano in maniera crudele. Dopo torture e sevizie, gli italiani sequestrati venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, e schierati sugli argini delle foibe. Quindi si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra, non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze inimmaginabili. Soltanto nella zona triestina, tremila sventurati furono gettati nella foiba di Basovizza e nelle altre foibe del Carso.
Chi ha commesso i massacri: partigiani comunisti della Jugoslavia comandati dal generale Josip Broz, conosciuto come Tito, eseguirono questi crimini contro gli italiani per motivi etnici e politici sul finire della Seconda Guerra Mondiale e poco dopo la fine. Tito nel 1948 ruppe con l’Unione Sovietica, ponendosi poi a capo di un movimento di stati cosiddetti “non allineati”, cioè non appartenenti a nessuno dei due gruppi che si fronteggiavano durante la guerra fredda. Rimase a capo del governo jugoslavo fino alla morte avvenuta nel 1980.
Appello degli esuli per revocare l’onorificenza dello Stato italiano data a Tito: nel 1969, il presidente della Repubblica di allora, Giuseppe Saragat, decorò Josip Broz Tito figuri come Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana in occasione di una visita di Stato. La massima onorificenza del più altro fra gli ordini al meritofu assegnata a chi si rese colpevole dell’esodo di centinaia di migliaia di italiani e l’uccisione brutale di oltre 10mila persone. ma ricordiamo che quelli erano anni in cui questi crimini erano stati sommersi e dimenticati dalla storia. completamente lasciati nell’oblio.Quando nel 2013 l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che raccoglie gli esuli istriani, fiumani e dalmati chiese al Presidente Giorgio Napolitano di revocare l’onorificenza, venne loro risposto che la legge che istituisce l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Omri) esclude la possibilità di revoca delle onorificenze a persone non più in vita e che l’unico modo per correggere questa anomalia è quello di avviare un iter parlamentare che modifichi la norma.