IL FATTO
I casi di cronaca riportano in primo piano il tema dell’educazione dei nostri ragazzi in un contesto culturale e sociale in continua evoluzione: da quali basi ripartire?
La leggerezza è da sempre il suo terreno ideale. Ma come ha detto lei stessa: «Attraverso la leggerezza che noi affrontiamo tutti i giorni passano i messaggi più importanti. Io non sono una che si tira indietro, mai, lo scrivo sui social e lo dico anche in televisione». Per Antonella Clerici è stato questo il pretesto per affrontare, seppur appunto «con leggerezza» l’argomento (tragico) che più ha tenuto banco in questi giorni, la morte della giovane Giulia Cecchettin. «Voglio dire una cosa – ha spiegato la conduttrice di “È sempre mezzogiorno” su Rai 1 -: noi educatori ovvero padri, madri, figli, sorelle, fratelli, dovremmo imparare ed educare i nostri figli ai “no”. Bisogna che noi impariamo un po’ dalle basi, come avviene nello sport. Cioè, quando mia figlia prende 4 in una materia, non è colpa dei professori, è colpa sua perché non ha studiato. Se noi questi ragazzi li proteggiamo troppo, li facciamo sempre sentire nella loro comfort zone, i social danno ancora una maggior ansia da prestazione a loro e noi siamo sempre troppo accondiscendenti, il risultato è che non saranno mai abituati alle sconfitte, né ai no degli amici, ai no delle fidanzate, ai no di niente».
Un messaggio semplice e molto chiaro, che punta al cuore di un problema enormemente più grande, ma che ha una sua logica: perché è indubbio che il panorama digitale ci porta a illuderci (specie i più giovani) che tutto sia disponibile o comunque alla portata. Inoltre, il web ci trasmettere un’idea sbagliata della realtà, vista appunto con il filtro social che tende a semplificare se non a banalizzare ogni cosa.
Così Antonella Clerici ribadisce un concetto già molto dibattuto, come la necessità di insegnare un po’ di educazione sentimentale: «Tra le tante motivazioni che ci sono, oltre all’educazione sentimentale che chiaramente deve partire dalla scuola, l’educazione deve assolutamente partire da noi grandi. Abituiamo i nostri ragazzi a questo, perché è davvero molto importante. Poi di discorsi se ne possono fare tanti, ma da madre o da padre questo è importantissimo». Un tema che riguarda tutti e che in questo caso prescinde da ogni appartenenza di genere o altro ancora. Ma questo è proprio un punto centrale: l’eccessiva protezione degli adulti può essere diseducativa, perché le esperienze negative sono fondamentali nella vita di tutti, per crescere e per imparare a comportarsi di conseguenza. E oggi si fa sempre più fatica ad accettare i fallimenti, in un contesto in cui in ogni momento dobbiamo rendere conto a una platea digitale immensa che richiede solo bellezza, successo e ricchezza. Per i ragazzi questo comporta spesso conseguenze insostenibili, prova ne sia la crescita esponenziale dei casi di anoressia o di autolesionismo tra gli adolescenti, spesso poco più che bambini. Un motivo in più per non perderli di vista, mettendoli però in condizione di scegliere.