Castagnito: allarme-tasso, un rischio per gli argini del Tanaro

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È “Allarme tasso”, sulle rive del Tanaro. E, per una volta, il problema non riguarda banche, finanze e valori: ma bensì l’opera di questa creatura selvatica, comunemente ritenuta come specie “pacifica”, ma che non pochi grattacapi sta recando all’equilibrio idrogeologico locale.

A segnalarlo, riferendosi soprattutto alle situazioni spondali di Castagnito e di Alba, è l’Aipo: l’Agenzia Interregionale per il fiume Po che, tramite il suo ufficio operativo di Alessandria, ha esposto i termini della problematica e le linee guida da adottare, in un piano che riguarda sia il principale corso d’acqua passante per il territorio Albese, sia -più in là, lo stesso Po e il Torrente Scrivia.

Si tratta di una criticità che ha radici relativamente lontane (fine 2015), ma che ha assunto nuovi contorni tali da dover passare all’azione: ciò, interessando anche una lunga serie di sindaci dei Comuni potenzialmente interessati, in una lista di ben 50 enti locali disposti nel solo bacino idrico del Tanaro medesimo.

Di fatto, a seguito delle indicazioni lanciate all’epoca dal servizio tecnico-faunistico provinciale alessandrino, l’Aipo aveva intrapreso un succedersi di interventi puntuali di ripristino degli argini danneggiati dall’attività di escavazione di questi animali selvatici.

«Ogni intervento risulta vano -ha comunicato l’Agenzia ai primi cittadini- in quanto, dopo soli pochi giorni, i tassi si spostano e costruiscono nuovi cunicoli, con diminuzione dell’integrità degli argini, mancata loro funzionalità di contenimento in caso di piena, e potenziale pericolo per la pubblica incolumità».

I danni risultano sistematici, d’ampia portata: è stato calcolato che un’intera campagna di protezione delle scarpate arginali tramite reti e rivestimenti continui comporterebbe una spesa, insostenibile, di 5 milioni di euro.

E’ una questione da non sottovalutare: poiché gli ingrottamenti rilevati, i buchi, le cavità, i tunnel provocano già grave danno indebolendo gli argini stessi. I ripristini effettuati dall’ente coprono sì le tane così ricavate: ma i tassi, muovendosi e tornando poi in cerca di questi ripari, ne costruiscono degli altri in luogo di quelli “rimossi” e sanati. Si ha dunque a che fare con una specie tenace, instancabile quando si tratta di muovere le zampe nella terra. Durante gli eventi di piena, questi fenomeni causati dai tassi divengono potenziali punti di innesco di rotte arginali, con creazione di fontanazzi o trapelamenti, e destrutturazioni. E’ già successo, altrove: in Emilia, ad esempio, in cui la presenza di animali selvatici ha fatto la sua parte durante le recenti alluvioni.

Al fine di prevenire perniciosi collassi, si è quindi disposto di attuare un’azione di cattura da effettuarsi a cura del servizio faunistico: per acchiappare i “meles meles” (questo, infatti, in nome scientifico), chiedendo nel frattempo una specifica attenzione ai sindaci stessi. Una soluzione “incruenta”, per cui resterà da comprendere la destinazione successiva degli ingombranti quadrupedi: ossia, “dove” troveranno nuove case da raspare. Sicuramente, lontano dai rischi collettivi.

Quale intervento sarà richiesto, nella fattispecie, ai portatori delle fasce tricolori? Presto detto: emanare un pubblico avviso di divieto assoluto di piantumazione di alberi e siepi sulle acque pubbliche, alvei, sponde e manufatti di difesa idrica, oltre che la posa di fabbricati, gli scavi e il movimento di terra a distanza di piede dagli argini. L’Aipo ha infatti constatato, sulla scorta dell’esperienza accumulata, come l’attività di escavazione delle tane sia notevolmente favorita dalle lavorazioni di terreno agricolo a ridosso della fascia di rispetto. L’avviso da far circolare non rappresenta peraltro un “nuovo divieto”: ma solo il ribadire quanto già previsto dal Testo Unico sulle Opere Idrauliche, approvato nel 1904 (si trattava di un Regio Decreto, addirittura) ma tuttora in vigore in quanto completo ed efficace.