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Sanità in carcere, l’odg di Bongioanni: «Dopo la visita al Carcere di Cuneo, chiedo l’impegno…»

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Un ordine del giorno per rafforzare i servizi e le visite specialistiche all’interno delle carceri piemontesi e contribuire così anche a migliorare le condizioni di sicurezza per chi vi opera. L’OdG, che reca il titolo Potenziamento delle visite specialistiche negli istituti di pena regionali, per prevenire e migliorare la salute della popolazione carceraria, è stato ideato e presentato in Consiglio regionale dal capogruppo di Fratelli d’Italia Paolo Bongioanni, che ne illustra spirito e contenuti:

«Fra gli allarmi più urgenti emersi dall’incontro che abbiamo avuto la settimana scorsa insieme a Massimo Garnero e Denis Scotti con il direttore e la polizia penitenziaria del Carcere di Cuneo, c’è il problema della sanità specialistica in carcere. La Regione ha, per legge, il compito di assicurare l’assistenza specialistica e psichiatrica a tutti i detenuti tramite le Asl del territorio. Ma la procedura comporta che i reclusi debbano essere trasferiti all’esterno dal carcere agli ambulatori, coinvolgendo sei agenti per ogni detenuto temporaneamente spostato e sguarnendo quindi sensibilmente l’organico delle forze in servizio in quel momento: un organico già gravemente in sofferenza anche in condizioni normali. Questo crea un serio problema di sicurezza: incentiva possibili atti di intimidazione e aggressione e indebolisce la capacità di reazione e controllo. Per questo ho predisposto un ordine del giorno che impegna la Giunta regionale a intervenire per rafforzare la presenza dei medici specialisti all’interno delle strutture carcerarie, compresi i servizi di psicologia e psichiatria, e coinvolgendo in questo servizio i giovani medici già dalla fase della loro formazione specialistica».

È il Dpcm 1° aprile 2008 che all’articolo 2 assegna «al Servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia» e alle Regioni «l’espletamento delle funzioni trasferite con il presente decreto attraverso le Aziende sanitarie locali comprese nel proprio territorio e nel cui ambito di competenza sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento».

L’Ordine del Giorno proposto da Bongioanni impegna per questo la Giunta regionale del Piemonte a intervenire su tre punti:

1) Rafforzare – in concerto con le amministrazioni penitenziarie degli istituti di pena presenti nel territorio regionale,  le Asl Territoriali e il Garante regionale dei detenuti – la possibilità di effettuare, garantendo la sicurezza del personale medico coinvolto, le visite specialistiche per i detenuti all’interno degli istituti di pena e, ove possibile, anche con modalità di telemedicina, in modo da facilitare la tutela della salute per i detenuti maggiormente bisognosi di cure specialistiche e ridurre i motivi di tensione all’interno degli istituti di pena.

2) Potenziare i servizi di psichiatria e psicologia disponibili all’interno degli istituti di pena, al fine di migliorare il monitoraggio della salute mentale dei detenuti e prevenire situazioni aggressive all’interno della popolazione carceraria, con una attenzione particolare all’interno degli istituti di pena femminili, dei minori e dei soggetti con maggiori fragilità.

3) Promuovere, in cooperazione con le Asl territoriali e le Università, un rafforzamento della formazione specialistica universitaria sulla sanità penitenziaria, in modo da aumentare le capacità tecniche e professionali dei medici operanti all’interno degli istituti di pena o lavoranti con i medesimi.

«È un primo ma decisivo passo per affrontare e migliorare le condizioni di vita e di lavoro all’interno delle carceri piemontesi – conclude Bongioanni -, che la Regione ha il dovere di compiere per quelle che sono le proprie competenze. Il miglioramento delle condizioni sanitarie dei detenuti può favorire un clima più calmo all’interno degli istituti di pena, una convivenza meno violenta tra detenuti e minori possibilità di aggressione agli agenti di polizia penitenziaria, i quali hanno necessità di svolgere il loro lavoro in sicurezza senza pericoli per la propria incolumità».

BaNNER
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