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«in.differenti? puntiamo tutto sull’attivismo»

Ad Alba sette ventenni hanno creato uno spazio di confronto, Alessandro Damonte è il presidente

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C’è una linea sottile che uni­sce Trento, Fi­ren­ze, Bolo­gna, Mi­lano e si ferma ad Alba. Un filo fatto di consapevolezza, attivismo, curiosità e condivisione. Una scintilla che ha portato 7 giovani a creare un’associazione ad Alba. Un moto di orgoglio, un senso di responsabilità, dal nome importante: “In.differenti”. Il presidente è Ales­san­dro Damonte, 21 anni, di Ca­nale.

Partiamo dal nome, ci spieghi la scelta.

«Il nome del gruppo riprende la celebre frase scritta da Antonio Gramsci nelle sue lettere: “Odio gli indifferenti. […] L’in­differenza è il peso morto della storia”. La nostra idea è quella di dimostrare che il continuo disinteresse e disimpegno collettivo, e soprattutto giovanile, non sono realtà con cui dobbiamo fare i conti, ma un incentivo per fare del nostro meglio per la comunità».

Ma quello che si dice dei giovani, «che non si danno da fa­re, che sono passivi», è uno stereotipo?

«Credo sia inutile generalizzare, certe caratteristiche riguardano tutte le generazioni, ci so­no ragazzi poco motivati, adulti che non si impegnano, ma noi vogliamo essere un’opportunità. Non sono molto d’accordo sulla visione negativa sui giovani. Anche solo i social di­mostrano una certa attività, penso anche solo ai meme, so­no linguaggi che devono essere decifrati, ma che dimostrano mo­vimento».

Quindi lei nota fervore?

«Noi nel 2019 ci siamo trovati in piazza ad Alba accomunati da una vicinanza e un obiettivo, che non era quello di saltare la scuola, ma l’ambiente e il nostro futuro. Il 90% dei manifestanti erano liceali. Ci sono tanti esempi di attivismo, penso a Greta Thunberg, che tra l’altro è nata il mio stesso giorno e il mio stesso anno. Questo dimostra che non è ve­ro che i giovani non si impegnano o non si interessano all’attualità».

A chi vi rivolgete?

«L’obiettivo è quello di diventare un luogo di ritrovo e formazione per i giovani tra i 16 e i 25 anni della nostra zona, ci anima la volontà di discutere e approfondire temi significativi per l’attualità e la politica di og­gi. La finalità principale è quella di riempire un vuoto, ad Al­ba manca uno spazio di aggregazione, di condivisione che par­ta dal basso e che sia orizzontale. Noi ci siamo dati una struttura per creare un’associazione, ma le proposte arrivano dal nostro interno. Siamo un collettivo di giovani per i giovani».

Dovesse scegliere le vostre pa­­role chiave?
«Attivismo e consapevolezza. Ci piace pensare che i giovani si facciano un’idea anche attraverso i nostri approfondimenti che toccano temi variegati grazie alla presenza di ospiti ed esperti. Abbiamo parlato di Re­sistenza, di violenza contro le donne. Nell’ultimo incontro il tema era le carceri e ne abbiamo discusso con il garante dei detenuti regionale Bruno Mel­lano e Davide Sannazzaro, funzionario giuridico pedagogico dell’area educativa del carcere di Saluzzo».

Ci può anticipare anche qualche prossimo evento?
«A febbraio la giornalista russa Anna Zafesova ci aiuterà a fare chiarezza sul conflitto russo-ucraino. Le notizie che arrivano sono discordanti, un giorno sembra che vinca la Russia, un altro che l’Ucraina stia avanzando, quando poi probabilmente la situazione è abbastanza in stallo, e siamo arrivati al secondo anno del conflitto. A marzo ospiteremo la street artist romana Laika per parlare del rapporto tra arte e politica. Ad aprile ci occuperemo dell’ambiente e a maggio ci piacerebbe fare un approfondimento sulle elezioni amministrative, magari attraverso un momento di confronto con i candidati. L’elettorato giovane è raramente preso in considerazione».

Come è la vostra organizzazione interna?

«Il collettivo è per ora dotato di un’organizzazione interna formata da un esecutivo composto da presidente, vicepresidente, coordinatore, tesoriere, re­sponsabile organizzativo e re­sponsabile delle comunicazioni. Gli attuali partecipanti, nonché fondatori, del progetto sono, oltre a me, Francesco Re­vello, Camilla Olivero, Giaco­mo Manera, Lucia Monchiero, Francesco Robaldo ed Elena Bat­taglino».

Siete tutti studenti fuori sede, non è complicato per gestire un’associazione?
«Siamo sparsi tra Trento, Bo­logna, Firenze e Milano, ma ci organizziamo online e agli even­ti ci siamo sempre tutti, come durante i momenti aperti agli altri giovani, una volta al mese. Credo, anzi, che il vivere altre realtà associative, il conoscere nuovi contesti, il ricevere stimoli differenti, siano una ricchezza, un valore aggiunto che non avremmo avuto, in caso contrario. Io stesso, che studio Giurisprudenza a Trento, ho co­nosciuto le realtà associative locali. Questa commistione ci ha ancora più “svegliato”, fa­cendoci vedere cosa mancava nella nostra realtà».

Non sarà comodissimo viaggiare, però.

«Io ci metto sei ore, più o me­no, ad arrivare ad Alba, ma mi consolo pensando agli amici pu­gliesi che ho conosciuto e che ci mettono molto più tem­po a tornare a casa».

Come giudica la risposta di Alba?

«Sono molto soddisfatto, la comunità sta rispondendo be­ne, agli eventi non ci sono mai le stesse persone. Noto un interesse crescente e soprattutto sen­to che abbiamo grande margine di miglioramento. Stiamo carburando, ci stiamo facendo conoscere e ci stiamo strutturando come organizzazione. Un’altra cosa che mi ha fatto piacere è la disponibilità degli ospiti a partecipare e la sorpresa positiva che ho notato quando spieghiamo la finalità del progetto e quello che vorremmo fare».

Obiettivi futuri?

«Continuare su questa strada, non mi aspetto che l’associazione faccia il botto di colpo, ma stiamo costruendo qualcosa di importante, coinvolgendo personalità diverse, permettendo ai ragazzi di scoprire un progetto che nasce dall’interno, senza stereotipi, gerarchie e in maniera più naturale e aperta possibile».

Articolo a cura di Daniele Vaira

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