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L’altra Sanremo di quei vincitori diventati meteore

Ripercorriamo le vicende dei cantanti finiti nel dimenticatoio dopo il trionfo: non solo Jalisse

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Nella storia di San­remo è troppo fa­cile parlare di no­mi come quelli di Claudio Villa o Domenico Mo­dugno, che ne hanno vinti quattro a testa, né di Nilla Pizzi, Luciano Tajoli, Nicola di Bari, Iva Zanicchi, Adriano Ce­lentano, oppure, in tempi più recenti, di Mahmood, Fran­cesco Gabbani, Marco Men­goni tanto per citare i primi classificati nelle diverse epoche dal 1951 in poi.
Alzi la mano (ma siate sinceri con voi stessi…) chi si ricorda di nomi come Gilda, Mino Vergnaghi, Tiziana Rivale, Aleandro Baldi…
Ebbene sono tutti vincitori del­la rassegna della canzone italiana, hanno tutti alzato il trofeo col leone, rappresentazione tridimensionale dello stemma della città della Ri­viera dei Fiori. Ma poi? Spes­so finiti in un dimenticatoio, usciti dallo star system dopo poche settimane dalla vittoria, addirittura neanche nelle classifiche delle vendite di dischi dell’epoca, delle hit dei 45 giri che si ascoltavano col mangiadischi. Bisogna sottolineare che quelle tra il ’75 e i primi anni Novanta sono edizioni di un periodo transitorio per il Festivalone, di profilo meno evidente, sia rispetto ai primi anni quando la tv inchiodava gli italiani davanti alla novità epocale del tubo catodico che trasmetteva in bianco e nero su un solo canale, sia rispetto alle più recenti edizioni in cui il colore in tv e le radio prima, la tecnologia evoluta poi, infine i social hanno rilanciato a livelli esponenziali l’evento in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Gilda, che all’anagrafe di Mas­serano (Biella) fa Rosangela Scalabrino, nel 1975 ha 25 anni quando si presenta a Sanremo. Canta fin da piccola, studia medicina ed è autrice dei propri testi. Addirittura è l’unica donna che vince con una canzone scritta di suo pugno, “Ragazza del Sud”. Gil­da vince, come sempre le voci si accavallano, qualcuno sos­tiene che fosse sponsorizzata. Ma poi non vola il successo. Continua a cantare i suoi brani fino a qualche anno fa, gestendo anche un albergo nelle vicinanze di Torino.
Mino Vergnaghi, altro biellese, questa volta di Trivero, nel 1979 vince con “Amare”. Agguanta la vittoria e, quasi contemporanemente fallisce la Ri-Fi, la casa discografica che lo aveva prodotto. Qual­che concerto nell’immediato periodo dopo il Festival, tra cui uno, nella tarda primavera dello stesso anno ad Alba alla discoteca Altro Mondo che era dietro al campo sportivo “Michele Coppino”. Di scalare le classifiche non se ne parla perché il suo 45 giri non finisce neanche sugli scaffali dei negozi di dischi. Lascia l’Italia, va a Londra, lavora come cameriere e im­piegato in un’agenzia di viaggi. Tornando in Italia in­contra Zucchero di cui diventa di fatto uomo di fiducia, ab­bandonando però la sua carriera canora.
Tiziana Rivale, parte da For­mia, in provincia di Latina. Ama il blues fin da bambina, canta in alcuni gruppi, accompagna Gino Bramieri per una tournée in cui intervalla il mattatore milanese durante il suo spettacolo. Nel 1983 ap­proda a Sanremo e, nell’anno in cui Vasco Rossi arriva praticamente ultimo con “Vita Spe­ricolata” e Toto Cotugno, eterno piazzato al Festival, canta L’italiano, la sua canzone più famosa che termina quinta, Tiziana Rivale vince con “Sarà quel che sarà”. Ma il disco fisicamente non è pronto per andare sul mercato, la sua casa discografica, l’americana Wea facente parte del colosso del cinema Warner Bros., non lo ha stampato. La motivazione? Non pensavano che vincesse.
Poi qualche presenza in Rai, soprattutto in programmi in fascia notturna. Oggi continua a cantare portando i suoi brani soprattutto all’estero perché l’Italia per lei, in fondo, si rivela matrigna.
Aleandro Baldi, toscano di Gre­ve in Chianti, classe 1959, cieco dalla nascita, di Festival ne vince addirittura due. Nella vita è un fisioterapista, ma è anche un musicista e un cantante di ottima qualità. Lo scopre Giancarlo Bigazzi, sicuramente il più prolifico tra i parolieri italiani, autore per i migliori in assoluto del panorama canoro na­zionale. Baldi partecipa a più edizioni del Festival sia nelle sezioni Giovani e Nuove Pro­poste, in quest’ultima vince nel 1982 con la sua canzone più famosa “Non amarmi”, di cui Jennifer Lopez venderà otto milioni di copie con la versione spagnola. La vittoria fra gli esordienti lo ammette di diritto nel 1993 nella categoria Cam­pioni e, ovviamente a sorpresa, vince con il brano “Pas­serà”.
Nelle Nuove Pro­poste lo stesso anno trionfa un altro cantante non vedente, un “certo” Andrea Bocelli. Dopo si diffondono malignità pesanti sulla condizione dei due cantanti non vedenti: «Ne basta uno» si sussurra subdolamente tra gli addetti ai lavori. Boccelli diventa una star mondiale. Aleandro Baldi, pe­rò, è zen e continua la sua attività musicale senza scossoni e senza rimpianti.
Una storia un po’ diversa invece è quella dei Jalisse, il duo composto da Fabio Ricci e da sua moglie Alessandra Drusian. Vincono nel 1997, anche loro a sorpresa, con “Fiumi di Parole”. Non finiscono nell’oblio mediatico come molti loro colleghi. Anzi, continuando la loro attività musicale con produzioni discografiche e concerti in Italia e all’estero, si propongono costantemente per partecipare al Festival. Ma per 27 volte di seguito, ogni anno, gli viene chiusa la porta in faccia e non vengono ammessi alla rassegna canora.
Perché? Illazioni di tutti i tipi in questi quasi trent’anni. Ma una notizia dell’ultim’ora confermerebbe una loro partecipazione come ospiti nell’ultima serata grazie a Fio­rello che sarà co-conduttore con Amadeus sabato 10 febbraio. Sarà emozionante vederli risalire (o ridiscendere dal­la scala) sul palco dell’Ariston? Succederà? Per­ché no, del resto “Sanremo è Sanremo”.

Articolo a cura di Luis Cabasés

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