Ristoratori a confronto – Tradizione e sperimentazione a braccetto

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Ristoratori a confronto. Ovvero: modalità diverse di gestione in un settore che rappresenta una risorsa importante per tutto il Cuneese. Ci sono locali che sono strettamente legati alla tradizione, nel segno di famiglie e di competenze radicate. E al tempo stesso, ci sono nuove iniziative che si affiancano al movimento, arrivando magari da fuori (anche dall’estero) per portare innovazione e sperimentazione. Pro­viamo a conoscere meglio questa realtà, mettendo a confronto storie e aspirazioni. (r.i.)

«La nostra formula? nuovi abbinamenti tra francia e langhe»

Charlotte Launay e Jerome Migotto, da Parigi a Igliano: «Qui un territorio sereno e dinamico»

Vivevano insieme a Parigi, dove lui ha lavorato in alcuni dei più famosi ri­storanti stellati. Poi hanno scelto di cambiare vita e tornare alle origini della famiglia di lei, che ha le sue radici proprio nelle Langhe.
A Igliano, è nato così il ristorante Le Piemontesine dei fran­­cesi Charlotte Launay e Jerome Migotto. «Il mio bi­snonno viveva qui, dove ab­biamo ancora una casa di fa­miglia – svela lei -. Ho bellissimi ricordi delle vacanze trascorse nelle Langhe, da bambina. Quando, nel 2014, ab­biamo scelto di lasciare la Francia, non abbiamo avuto dub­bi su dove trasferirci».
Hanno costruito la loro struttura, con dieci camere circondate dal verde e il ristorante. «Chi ci sceglie non si aspetta i piatti della tradizione. Le no­stre proposte richiamano la cucina francese e dalla Fran­cia ci riforniamo di alcuni prodotti alla base dei nostri piatti: il foie gras, l’anatra, il burro salato… Li abbiniamo ad altre materie prime del territorio e ai vini locali. Su trecentocinquanta etichette, più di trecento sono delle Langhe. Così facciamo sperimentare ai nostri clienti abbinamenti innovativi: è quello che cercano, quando ar­rivano da noi».
Per Launay e Migotto, l’inaugurazione della nuova attività imprenditoriale è stata un cambio di vita a più livelli: dal caos parigino, tra turisti e milioni di abitanti, alla tranquillità della campagna. «Siamo molto contenti della nostra scelta – prosegue Launay -. Questo territorio ha molto da offrire. Offre una dimensione autentica e serena, ma al tempo stesso dinamica: ci sono ottimi segnali per il futuro, con sempre più turisti e nuovi progetti che aumenteranno l’attrattività delle Lan­ghe».
A San Luigi, la frazione di Igliano che ospita il ristorante, prima dell’inaugurazione de Le Piemontesine non esistevano attività commerciali da oltre vent’anni. «Aprire qui è stata una vera sfida, ma proprio per questo è stata un’esperienza bella da vivere e affascinante. La nostra struttura è ad alta efficienza energetica. Ricorda l’architettura locale, come era nei nostri desideri, per avere anche in questo caso un doppio filo d’unione con il territorio».

«Ricette di mamma e tanta passione nei nostri piatti»

Vilma Forneris porta avanti a Castellino Tanaro l’attività avviata nel 1965: «Ora tocca ai ragazzi»

Menù alla car­ta, ricette pre­se dal ri­cettario di mamma Et­­torina Zatta. «Ho aggiunto un solo piatto: le frittelle di formaggio, che mam­ma non era abituata a cucinare».
La storia del ristorante Vecchia Osteria di Castellino Tanaro è una vicenda di famiglia. Vilma Forneris ha portato avanti l’attività che papà Se­bastiano e mamma Ettori­na avevano rilevato nel 1965 e oggi, quasi sessant’anni dopo, anche i suoi figli hanno iniziato ad affiancarla. «Quando io ho iniziato, avevamo anche un bar e una drogheria – ricorda la titolare -. Oggi invece abbiamo solo il ristorante, aperto su prenotazione».
La clientela è affezionata a un menù che, da sempre, propone i grandi piatti della tradizione piemontese: dalle acciughe al verde ai tajarin. Fino al coniglio alle lele: sono le regine delle tavole di Castellino, un piatto povero che alla Vecchia Osteria non manca mai. «Ai tempi della “malora”, le famiglie cuocevano il pane una volta ogni due settimane, al forno comunale. Quando, tra un’infornata e l’altra, rimanevano senza, preparavano le lele. Sono come delle piccole fo­cacce, rigorosamente da cuocere sul putagé, con solo tre in­gredienti: farina, acqua, sale».
Forneris sceglie i prodotti del territorio, a chilometro zero. Ha iniziato a lavorare poco più che ventenne e ha assistito, dalla sua cucina, alla crescita turistica, culturale ed economica del territorio. «Oggi c’è un bel fermento turistico, ma i residenti sono sempre di me­no. Per questo, nel tempo, ci siamo concentrati sempre di più sul ristorante e abbiamo cessato l’attività del bar e della drogheria. Tutto quello che so in cucina lo devo a mia mamma, che mi ha insegnato i procedimenti giusti per le ricette della tradizione».
Conoscenze preziose, che adesso vengono condivise con i figli, la terza generazione im­pegnata nell’attività. «Il nostro è un lavoro totalizzante, che comporta tante rinunce – riflette Forneris -. Ci penso spesso, quando vedo i miei figli con me. Mi interrogo sul loro futuro. Non devono mai mancare la passione e la dedizione. Se è così, non c’è posto più bello in cui lavorare che la cucina».

Articolo a cura di Luca Ronco