«La mia candidatura una base di dialogo con le comunità»

Gianna Pentenero racconta il suo lavoro verso le regionali: «Si parte da strutture e servizi»

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Gianna Pentenero è la candidata pre­sidente del Pd alla prossime elezioni regionali di giugno in Pie­monte. Una sfida con Alberto Cirio, presidente uscente, che si giocherà voto per voto an­che nell’Albese e Cuneese, territori natali di Cirio. Pen­tenero racconta di un lavoro iniziato mesi fa per approfondire tutti i temi e le difficoltà del Piemonte.

Partiamo dalla Sanità, anche nel Cuneese la situazione è allarmante: pronti soccorso affollati, liste di attesa interminabili, che cosa si può fare?
«Facciamo una premessa, la mia candidatura nasce dopo un profondo lavoro che la coalizione che mi sostiene ha fatto da luglio, approfondendo tutti i capitoli sui quali la politica regionale può intervenire. È un lavoro che stiamo completando e che però punta a diventare una piattaforma di dialogo con le comunità. Non voglio nascondermi nel politichese, ma sono 1180 i Comuni in Piemonte e non penso che si possano proporre soluzioni preconfezionate per tutte le zone. Abbiamo due or­dini di problemi: uno a medio-lungo termine che ri­guarda le strutture e uno di riorganizzazione anche territoriale che invece riguarda i servizi. Occorre aprire il dialogo con le singole realtà per capire come intervenire su tutta la medicina territoriale proprio perché si riduca un in­tasamento che ha descritto lei nella domanda».

Sul fronte del personale, ca­renza di organico tra medici, in­­fermieri e oss, come si deve intervenire?

«Dobbiamo chiamare in cau­sa la formazione, perché solo un miglior dialogo con coloro che mettono a disposizione le professionalità che sono ne­cessarie al sistema può im­mettere competenze e talenti funzionali a garantire i servizi ai cittadini. È proprio un in­crocio tra bisogni e risposte più efficiente quello che si deve rimettere in piedi. Sono tanti i fattori che si devono tenere in considerazione. An­che andando oltre al solo numero dei posti letto, perché, come dicevo prima, non si tratta solo di contare sulle strutture per malati acuti, ma anche di riattivare la prevenzione e tutta la medicina di territorio per non arrivare solamente al ricovero».

Com’è la situazione dei nuovi ospedali, pensiamo in particolare a Savigliano?

«I passi necessari ad avere una nuova struttura sono in itinere, ma ribadisco, la no­stra idea di sanità deve andare oltre alle strutture che, seppur fondamentali, hanno dei tempi diversi alle esigenze del territorio per la cura dei pazienti. Il nostro lavoro è far procedere i cantieri e programmare nel frattempo quelle attività che si possono mettere in piedi attraverso il dialogo coi territori anche per tarare le esigenze di quella porzione di Piemonte che può anche diventare polo di attrazione per le aree limitrofe. Non dimentichiamoci che og­gi i grandi poli ospedalieri, quando rappresentano eccellenze, diventano luoghi di approdo anche per pazienti che arrivano da fuori».

Viabilità e trasporti soprattutto nell’Albese servono interventi importanti, come pensate di muovervi?

«Con dei piani integrati che pensino alla mobilità delle cose e delle persone come un fenomeno complesso ma che può muoversi attraverso di­versi canali. È inutile pensare al trasporto su gomma e staccarlo da quello su ferro. La pia­nura padana soffre di un grave problema ambientale che è legato alla qualità dell’aria, sappiamo che questo di­pende in parte anche dalla strategia della mobilità. Pro­vi­amo a mettere insieme i “materiali” sui quali si muovono: ferro, gomma e mobilità leggera. Poi aggiungiamo chi fornisce il servizio: il pubblico e il privato. Infine completiamo il quadro con la di­stanza che si deve coprire tra brevi e lunghi spostamenti. Come si può capire è un sistema complesso che non si risolve con slogan o annunci».

Il turismo è una ricchezza per queste terre che va sostenuta, come pensa di intervenire?
«Proprio pensando che si tratta di un settore economico importante che richiede investimenti e che produce lavoro e reddito. Nella mia esperienza come assessora alle attività produttive ho aperto spesso tavoli con le categorie che si occupano dei “turismi”. Il Pie­monte ha numeri importanti di visitatori che arrivano sul territorio per diversi motivi: sono tutti attratti dall’eccellenza artistica, naturalistica, enogastronomica e anche dei servizi al turismo congressuale. Come per altri settori è necessario che si lavori con il sistema della formazione per avere un maggior legame tra domanda delle imprese anche micro e l’offerta, si possa fa­vorire anche il mettersi in proprio di giovani che vogliono investire in questo settore. Ma quello che mi sembra evidente è come anche il turismo si deve aiutare a cambiare assecondando le richieste di un mercato, anche internazionale, sempre diverso e sempre più ampio. Competiamo con altre regioni e non dobbiamo pensare di avere rendite di posizione».

Il vino ha reso questi territori famosi in tutto il mondo, il cambiamento climatico crea importanti squilibri e difficoltà. Che cosa si può fare?
«È evidente che nella nostra coalizione non troverete al­cun negazionista della crisi climatica, come invece accade altrove nel panorama politico italiano e non solo. Oggi ci troviamo davanti a un’emergenza che richiede interventi su più livelli. Ovviamente le politiche per ridurre l’impatto sul clima non dipendono dal­le politiche regionali ma da direttive globali che noi ab­biamo sempre sostenuto. Un clima che cambia, però, ci mette davanti alle decisioni che prendiamo tutti e tutte anche a livello locale. Cosa si può fare? Non chiamarsi fuori, quindi capire come questa nuova condizione impatta sul nostro vino e reagire. Que­sto praticamente vuol dire come attrezzare le aziende ai nuovi sbalzi della temperatura, al nuovo bilancio idrico. E le risposte non le può dare solo la politica regionale: noi dobbiamo aprire i tavoli con tutti coloro che sono coinvolti e a quel punto mettere risorse per le risposte concrete».

Il lavoro: anche in questi territori la crisi si fa sentire, qua­li sono gli interventi?

«Il lavoro è in crisi perché sta cambiando tutto il tessuto produttivo. Abbiamo vissuto per anni sulla concentrazione di attività industriali in un settore, quello dell’automotive, che oggi sta vivendo la più grande trasformazione da quando è nato. Come se ne esce? Rendendo il Piemonte un luogo attrattivo per le imprese: per quelle che ci sono e soprattutto per coloro che vogliono investire. La difesa dei posti di lavoro si combatte con lo sviluppo perché se le imprese crescono, possiamo aspettarci che assumano e perché le imprese crescano occorre anche capire le vocazioni dei territori per dare nuovi spazi ai distretti».