«Il mio uomo onda nasce scultura e diventa film»

L’albese Samuel Di Blasi, autore della “Nocciola”, ci racconta il percorso della sua ultima opera

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Sul Belvedere di Pe­pé, a pochi passi dal ca­stello di Grinzane, tro­neggia la sua Noc­ciola gigante, ad Alba sta lavorando alla Porta di Luce e a un progetto che illumini di cultura e bellezza il quartiere Ma­sera. È l’Uomo Onda, però, la vera sfi­da di Samuel Di Blasi, scultore albese, che ha vissuto anche diversi anni all’estero. Non è solo una scultura, è un racconto lungo sei anni, un’opera che racconta idee e difficoltà della creatività, ma anche i guizzi che il destino re­gala e che aprono scenari im­pensati.

Riavvolgiamo il nastro, quando è iniziato tutto?
«A giugno del 2018 avevo fi­nito da poco una mostra personale a Spoleto intitolata “So­gnando Sogni” nella quale avevo presentato una serie di opere veramente piccole intitolate “Ovum” che esploravano i percorsi che l’acqua è in grado di crearsi all’interno del­la materia. Un mese dopo ho incontrato Massimiliano Stella, un amico del liceo che oggi fa il designer, e da lì è na­ta l’idea di realizzare un abito scultura che potesse esaltare l’anatomia di un atleta, trasformandola attraverso una più stretta connessione con la natura».

L’idea c’era, qual è stato il pas­so successivo?
«Abbiamo immaginato che l’interlocutore perfetto a cui presentare questo progetto sarebbe potuto essere Arena, così ho lavorato incessantemente per un mese fino a quando sono riuscito a presentare l’idea al responsabile marketing dei prodotti di Arena all’estero che, in­curiosito, ha notato delle similitudini tra la mia visione e quello che loro stavano realizzando in quel momento a Parigi sulla nuova collezione».

Tutto troppo facile?

«Non è detto che dopo questi incontri i sogni si possano realizzare esattamente come te li eri immaginati e infatti, dopo un mese ho saputo che il board Arena avrebbe preferito incontrarmi di nuovo per valutare la fattibilità o meno di un’opera più classica, diciamo così, mo­numentale, ispirata al mondo dell’acqua».

Lei, però ha continuato ad an­dare avanti.
«Ho lavorato in studio, giorno dopo giorno, su quello che mi aveva condotto fino a lì lavorando con a fianco la troupe dello studio Roundabout di Lu­ciano Larotonda che ha filmato le evoluzioni di tutti i primi passaggi condotti sulla ricerca materica, traducendole in un trailer di presentazione dell’idea. Stavano venendo fuori anche la storia e l’essenza dell’Uomo Onda, la cui traduzione è Ronin, un samurai senza padrone».

C’è stata anche un’altra folgorazione.
«Questa collaborazione ha fatto sì che se ne generassero delle altre. La più importante è stata sicuramente quella con Barbara Borra, mia mo­glie, che è una musicista e una compositrice e fin da subito ha capito che a questa storia sarebbe servita una musica originale».

Intanto era passato quasi un anno.

«Il 22 marzo 2019 mi sono ripresentato davanti al board di Arena con un nuovo progetto, ovvero quello di un nuotatore che diventa un tutt’uno con l’acqua e si dissolve in tale elemento: la nuova ope­ra monumentale avrebbe rappresentato quell’istante. Lo staff di Arena dopo aver visto il trailer e il bozzetto era fortemente motivato a portare quest’idea alle Olim­piadi di Tokyo 2020 e io avrei avuto tutto il tempo per realizzare finalmente il mio progetto in­titolato “Uomo Onda”».

Come e, soprattutto, dove de­cide di dare continuità al suo lavoro?
«L’Italia è senza dubbio il luogo più giusto per occuparsi di scultura perché abbiamo una forte tradizione e anche quelle fonderie storiche ricche di competenze e abili artigiani, così a luglio 2019 ho trasferito il mio studio vicino alla Fonderia Mariani di Pie­trasanta per dare il via alla creazione dell’opera monumentale fusa in alluminio. Lo Studio ha continuato a documentare le fasi del lavoro e mia moglie ha stretto una collaborazione con la compositrice giapponese Ayana Tsu­jita che avrebbe curato l’orchestrazione della colonna so­nora».

Il resto è storia recente con l’arrivo della pandemia.

«L’opera “Uomo Onda” era or­mai pronta, ma le Olim­piadi erano state annullate, senza dimenticare che era cambiato parzialmente il board di Arena e con esso le priorità».

Quali sono stati i suoi pensieri in quei momenti?

«È come se quell’istante che avevo tanto cercato di ricreare, quella sospensione, si fos­se dilatata per sempre nel tempo. L’”Uomo Onda” ora non andava da nessuna parte. Era fermo in studio, volava solitario, senza che nessuno sapesse della sua esistenza».

In un certo senso bisognava ricominciare da capo.

«Fino a poco tempo prima stavamo girando un film che documentava la storia della creazione di questa scultura e le connessioni tra Oriente e Occi­dente. In realtà, forse, il vero e nuovo finale per un docu-film sarebbe dovuto essere l’Uomo Onda che non arriva in nessun luogo, ma non si dispone quasi mai di un budget illimitato, e quindi il progetto del documentario si arresta».

L’opera, però, vede la luce e ottiene una buona visibilità.
«Dopo un anno ad agosto del 2022 durante la XXXVI edizione dei Campionati Europei di Roma l’opera viene finalmente esposta al Foro Italico e questa esposizione, voluta fortemente da Arena, viene poi prorogata per tutta l’estate».

In questa occasione succede un’altra connessione fortunata.

«Conosco un’atleta di grande profilo, una nuotatrice d’eccellenza: Aglaia Pezzato. Da subito capisco che ha un mon­do da raccontare e che è una scrittrice molto brava. Così le propongo di ispirarsi alla mia opera con un racconto. Con “Ronin” ha così interpretato perfettamente la figura dell’uomo atleta e combattente. È diventato il filo conduttore del film d’arte “Uomo Onda” che vuole indagare, at­traverso immagini ravvicinate, sul mio lavoro e sulle connessioni che intercorrono tra arte e natura, tra l’uomo e un elemento così prezioso co­me l’acqua».

Ci dica qualcosa in più del film.

«Il film, di cui ho curato la regia, è stato girato in frazione Mo­gliasso sulle sponde del Tanaro, a settembre del 2023: è stato realizzato con la direzione fotografica di Marco Perazzini di StayUp-Rimini e la voce narrante di Riccardo Ricobello e include finalmente la colonna sonora di Barbara e Ayana appositamente incisa con strumenti tradizionali giapponesi a To­kyo negli studi di Masaru Tanaka».

Sta ricevendo una buona accoglienza?
«Il cortometraggio, finalista al Golden Short film festival di Avezzano, è stato selezionato all’Emerging Lens di Dart­mouth in Canada. L’opera, in­vece, è stata esposta nuovamente all’inizio di quest’anno presso il Palazzo del Nuoto di Torino, ai Campionati Master Indoor, e continuerà sicuramente il suo viaggio».

Articolo a cura di Daniele Vaira