Chiara Pennetta, saviglianese, è insegnante di italiano L2 dal 2018 ed è divulgatrice e formatrice sulla sordità, da cui è stata colpita all’età di un anno e mezzo. Sarà tra gli speaker di TEDx Cuneo il 4 maggio (evento accessibile alle persone sorde grazie alla LIS).
Come ha affrontato il suo problema?
«Principalmente, proprio cercando di smettere di vederlo come un “problema”. È dura, perché lo stigma e i pregiudizi che ancora circondano l’intero mondo della disabilità rendono difficile cambiare il punto di vista e iniziare a vedere le barriere nell’ambiente, piuttosto che nelle caratteristiche personali. La cosa che mi ha aiutata di più è stata parlarne, e studiare per cercare di conoscere il più possibile il ricco e variegato mondo della sordità».
Quando in famiglia se ne sono accorti?
«Ho perso l’udito a un anno e mezzo circa, quindi poco dopo quel momento. Sono nata in una famiglia udente, ed è stato naturale per i miei genitori scegliere per me un percorso di riabilitazione uditiva e linguistica, attraverso protesi acustiche e logopedia. In famiglia e con gli amici, alla fine, la mia sordità è sempre stata una caratteristica come un’altra».
Quali le difficoltà più grandi che ha dovuto affrontare?
«Come dicevo, ho sempre “compensato” molto bene, acquisendo un’ottima padronanza dell’italiano e aiutandomi molto con la lettura labiale. Questo ha reso la mia condizione parecchio “invisibile”: a volte, l’invisibilità è un vantaggio, in una società che ci vorrebbe tutti “perfetti” e performanti. Altre volte, però, comporta la frustrazione di dover giustificare i propri bisogni. Questa cosa non dovrebbe accadere, perché l’accessibilità è un diritto, troppo spesso negato, semplicemente perché l’esistenza delle persone con disabilità non è prevista. Faccio qualche esempio banale: di solito non sono previsti posti in prima fila per chi ha bisogno di leggere il labiale a conferenze ed eventi, non ci sono sottotitoli al cinema, molti locali sono bui e rumorosi. E sto parlando solo di barriere sensoriali uditive, se pensiamo anche a quelle visive, motorie, linguistiche e cognitive diventa evidente che il mondo non è accessibile, o rispettoso delle differenze come vorrei che fosse».
Ho letto che si è sottoposta ad un intervento particolare, può spiegare di cosa si tratta?
«L’impianto cocleare è un particolare tipo di apparecchio acustico composto da una parte interna, impiantata chirurgicamente, e una esterna, che raccoglie e processa i suoni. A differenza delle protesi acustiche, che amplificano il suono, l’impianto cocleare stimola direttamente il nervo acustico, bypassando l’orecchio interno, e converte il suono in impulsi elettrici per simulare l’udito naturale. Mi sono sottoposta cinque anni fa a questo intervento, bilateralmente, dopo aver portato una sola protesi acustica per tutta la vita. Non è come mettere un paio di occhiali: servono vari mesi di riabilitazione uditiva. Per me, il miglioramento rispetto alla protesi acustica è stato notevole, e mi ha permesso di muovermi con più disinvoltura e autonomia nel mondo dei suoni e delle parole».
Lei gestisce su Instagram la pagina @the.undeaf. Ce ne può parlare?
«The Undeaf è un gioco di parole, significa “non-sorda”. Volevo un po’ prendermi gioco di chi dice “non udente” (espressione tra l’altro rifiutata dalla comunità sorda). Perché definire le persone in negativo? Oltretutto, io sono una persona sorda… che sente! Dopo il primo intervento di impianto cocleare, ho iniziato a raccontare la mia esperienza su questa pagina, e alla fine è diventata una sorta di diario».
Secondo la sua percezione ed esperienza, come potrebbero migliorare i principali social network in termini di accessibilità?
«Almeno per quanto riguarda la sordità, negli ultimi anni l’accessibilità ai contenuti è molto aumentata, soprattutto grazie alla possibilità di attivare i sottotitoli automatici. Anche se chi li crea non li inserisce direttamente nei propri video, la maggior parte dei social network li ha integrati. Inoltre, esistono alcune applicazioni che permettono di trascrivere i messaggi vocali, e praticamente tutte le piattaforme di videoconferenza hanno i sottotitoli automatici. Mi limito qui a basarmi sulla mia esperienza, ma dai miei studi e da confronti con persone con disabilità diverse dalla mia, so che per altre condizioni l’uso dei social non è così agevole. Per esempio: quanti creators ricordano di inserire l’alt text (la descrizione testuale delle immagini, per chi non può vederle) ai propri contenuti?».
Su che cosa verterà il suo intervento al TEDxCuneo?
«Il mio talk è molto legato al tema dell’evento: la metamorfosi. Partendo da una storia di trasformazione personale, spero di poter coinvolgere il pubblico e spingerlo ad agire per rendere il mondo un posto più accogliente, sicuro per tutti, in cui nessuno debba temere di esprimere tutto sé stesso».