Aimone è il 24esimo conte della dinastia dei Roero di Monticello.
Nato nel 1967, nel 1994 si laurea in “Lettere ad indirizzo storico” discutendo la tesi “Lo statuto di Monticello e quello di Castellalfero: differenze tra dominio signorile e villanova”. Nel 1996 sposa la contessa Elisa Ricardi di Netro, dalla quale ha tre figlie: Lucrezia (24 anni), Domitilla (20) e Clotilde (11). Con la moglie amministra i beni di famiglia, il castello e l’hotel-ristorante “Foresteria Conti Roero”. Abitano nel castello di Monticello d’Alba e, durante il periodo scolastico, nella loro residenza di Torino. Ci riceve nello stupendo “Salotto di Diana” del suo castello di Monticello, proprietà della sua famiglia ininterrottamente dal 1376.
Signor conte, vuole raccontarci chi erano alcuni dei suoi antenati più famosi?
«Innanzi tutto Ghilione, o Gillon, condottiero nella crociata del 1099 voluta da papa Urbano II. Secondo la leggenda, Ghilione, intollerante agli insulti di un capo degli infedeli, lo sfidò a singolar tenzone, lo sconfisse e lo decapitò. Venne portato in trionfo in Gerusalemme su un carro a tre ruote. E tre ruote d’argento, due in capo e una in punta, in campo rosso, figurano sullo scudo dei Roero, che è sormontato da Ercole con la clava che regge la minacciosa scritta “A bon rendre” (A buon rendere). Ma diverse sono le ipotesi circa l’origine della casata».
Poi Percivalle, banchiere nei Paesi Bassi e mercante nella Curia romana, che nel 1376, con il fratello Aimonetto, acquista la signoria di Monticello e metà del feudo di Castellinaldo ottenendo il titolo di “Conte”.
«Detto dei capostipite, citerei Francesco Gennaro Innocenzo (1758-1842) generale, vicerè di Sardegna. In occasione delle sue nozze, nel 1787, con Paola Del Carretto di Gorzegno fa apportare dall’architetto Rangone svariate modifiche al castello trasformandolo nella piacevole ed elegante dimora che ancora oggi si può ammirare e incarica, nel 1827, Xavier Kurten di ridisegnare il parco e il giardino all’inglese, che, attualmente e grazie ad un fondo europeo, sono in via di rifacimento.
Ricorderei anche mio papà Percivalle Rainero (1922-1999) e suo fratello, del quale porto il nome, Aimone Manfredo (1918-1942) tenente d’artiglieria morto durante la guerra in Libia; decorato con due medaglie di bronzo al valor militare e una croce di guerra».
Lei ha tre figlie: ciò significa l’estinzione del ramo dei Roero di Monticello?
«Dipende da come si vede la questione. Dal punto di vista legale no, perché le attuali leggi permettono ad una donna di trasmettere il proprio cognome ai figli. Tecnica-mente, invece, se fossimo in un regime monarchico, il titolo si estinguerebbe. Quindi potrebbe rimanere il cognome ma non il titolo nobiliare».
Oltre alla parte visitabile e alle vostre stanze private, cos’altro c’è nel castello? È vero che ci sono ancora locali inesplorati?
«Inesplorati forse è troppo, però ci sono delle scale, che negli anni sono state tagliate o chiuse, che creano degli spazi che in teoria sono inesplorati da un po’ di anni. Specialmente riguardo a quelle strette e piccole, dette scale di servizio, che consentivano al personale di servizio di passare da un piano all’altro senza disturbare le persone presenti nel castello. In particolare, due di queste sono interrotte tra il terzo e quarto piano».
Durante il lockdown dovuto al Covid, lei e Clotilde avete girato numerosi video in cui presentate curiosi oggetti custoditi nel castello. Ci elenca i più strani?
«Mi vengono in mente il poggiapiedi riscaldato, il bidet da viaggio, il teatrino, la macchinetta di servizio, il “prete”, preive in piemontese, che era uno scaldaletto a brace. L’oggetto più curioso potrebbe essere una scatola che contiene tutti i valori in uso in Italia prima dell’unificazione.
Quindi moltissime monete diverse, a seconda degli stati, e un bilanciere che serviva a controllare il peso delle monete in oro, perché c’era l’abitudine di limare le monete sul bordo facendone diminuire il peso».
Una volta lei ha detto: “Non riesco a immaginarmi senza le mie estati al castello di Monticello, senza i suoi colori, senza la sua vita”. Ci vuole spiegare?
«Io ho quasi 57 anni e non ricordo una sola estate non trascorsa a Monticello. Per me è inimmaginabile non essere qua a godermi il panorama, il parco, il giardino. A tale proposito, già dagli anni novanta, con mio padre, ci sono state moltissime variazioni del parco con il recupero di alcune parti e di alcune strade. Adesso, con il Pnrr in pieno svolgimento e che deve concludersi entro quest’anno, ci saranno sicuramente dei grossi miglioramenti che porteranno, oltre alla bellezza, anche dei benefici. Verrà anche fatto un nuovo tipo di orto alla francese, con varie aiuole… quasi un orto botanico, poi una nuova vigna e un nuovo uliveto. Si cercherà in qualche modo di ricordare la sussistenza dei tempi medievali quando il castello era totalmente autonomo per quanto riguardava ortaggi, frutta, vino, olio e acqua. Parlando di acqua, un altro aspetto molto importante e che penso sia uno dei motivi per cui abbiamo vinto il Pnrr, è il progetto di recupero delle acque. Tutte le acque del castello sono convogliate nel pozzo interno il cui “troppo pieno” riempiva a cascata altre vasche e cisterne che si trovano nel primo livello del giardino e poi nell’orto, quindi sempre più in basso. Una volta risistemate garantiranno al castello una scorta di oltre mille metri cubi di acqua disponibile per l’irrigazione».
Concludendo…
«Concludendo, do appuntamento al pubblico per la primavera del 2025 per ammirare il nuovo parco e il nuovo giardino con tutti i suoi colori».
Articolo a cura di Elio Stona