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«Progetto “Deditus” il grande valore di fare squadra»

Nove produttori di Barolo e un obiettivo. Il presidente Gianni Gagliardo: «Degustazioni in tutto il mondo»

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“Deditus”: un termine di origine latina che significa dedizione, impegno assiduo, addirittura devozione… Era usato nell’antica Roma per indicare coloro che avevano preservata una loro autonomia in quanto discendenti di chi aveva contribuito in modo determinante a dar vita a quella civiltà.

“Deditus” è anche il nome di un’associazione del nostro territorio che riunisce un gruppo di vitivinicoltori storici: Azelia, Cordero di Montezemolo, Lu­ciano San­drone, Michele Chiar­lo, Pio Cesare, Poderi Gianni Ga­gliardo, Poderi Luigi Einaudi, Prunotto, Vietti. A riunirli, guardando proprio all’etimologia del nome che hanno scelto è «il legame inscindibile che le loro famiglie hanno tessuto con la terra d’origine: la fatica nel coltivarla, la pazienza nel capirla, la lungimiranza nel rispettarla, il coraggio della qualità come valore non negoziabile. Cul­tori, appassionati e ambasciatori nel mondo del vino delle Langhe, della sua cultura e delle sue tradizioni».

Presidente dell’associazione è Gianni Gagliardo al quale abbiamo chiesto di raccontarci di più su questo sodalizio, dai motivi che l’hanno ispirato ai progetti futuri.
Presidente, come nasce “Deditus”?
«Nel 2010 abbiamo fondato con un gruppo di colleghi l’Accademia del Barolo: barolisti con una forte identità comune di famiglie con una filosofia qualitativa, proprietari di bei cru. Lo scopo iniziale era divulgare la cultura del Barolo e del suo territorio nel mondo. Ab­biamo organizzato fin da subito eventi a Hong Kong, Singapore, Pechino, Shangai, Stati Uniti e Svizzera, momenti in cui ciascuno di noi raccontava un aspetto del Barolo: i cru, il territorio, il disciplinare… Nel 2021 abbiamo modificato il nostro statuto finalizzandolo anche alla promozione delle nostre attività e abbiamo avviato una serie di eventi».

Qual è la caratteristica dei vostri eventi?

«Organizziamo degustazioni perlopiù on line con esperti e stakeholder. Recentemente ci siamo collegati con un ristorante a New York dove abbiamo presentato l’annata 2020 di Barolo. Ogni produttore era presente con le proprie bottiglie e in collegamento dalla propria cantina per presentare il suo vino e rispondere a domande e curiosità».

E poi c’è stata la presentazione in Italia dell’annata 2020…
«Sì, lo scorso 23 aprile, in collaborazione con l’Ais (Asso­ciazione italiana sommelier) abbiamo presentato le nostre nove etichette 2020 con professionisti ed esperti in collegamento da Torino, Udine, Trento, Fermo, Napoli, Agri­gento, Roma e Bologna».

Quale il valore aggiunto?

«La presenza in simultanea di diversi produttori che offrono un quadro più completo mettendo insieme l’esperienza e la dedizione al Barolo di storiche famiglie produttrici che da sempre operano su tre principi cardine: tradizione, vigneti di proprietà e famiglia. Valori comuni, ma unici per suoli e Menzione Geografica Aggiun­tiva differente e soprattutto in grado di offrire una panoramica variegata che dà un’idea diffusa sull’annata presentata ad ogni degustazione dagli stessi vitivinicoltori».

Quali sono i prossimi progetti?
«Per l’autunno abbiamo in programma una serata a Milano con noi produttori in presenza. Inoltre, come ogni anno a fine vendemmia organizzeremo un incontro in cui ci metteremo a disposizione dei giornalisti e degli appassionati che vorranno approfondire la vendemmia appena conclusa con il contributo di diversi produttori capaci, insieme, di offrire un contesto d’insieme e oggettivo».

Qual è, a suo avviso il principale e autentico principio ispiratore di quest’associazione?
«Lo spirito di squadra, un approccio in cui personalmente ho sempre creduto condividendolo con molti altri produttori. La promozione va costruita insieme facendo massa critica perché da soli siamo pochi e troppo piccoli. Del resto, se guardo alla mia storia personale è quello lo spirito vincente, basti pensare a quanto abbiamo ottenuto promuovendo un vino che un tempo era poco noto come la favorita: ci siamo uniti, abbiamo sostenuto eventi a livello nazionale e internazionale coinvolgendo ristoranti e critici. Siamo figli di uno stesso territorio, questo è il vero brand: la sua anima risiede nei piccoli produttori che sono anche coloro che maggiormente hanno contribuito a risollevarlo. È una peculiarità della nostra area e il lavorare insieme è il valore aggiunto oltre che un vantaggio».

Il dialogo con Gianni Gagliardo non può esulare dalla sua storia, dai tanti progetti che l’hanno coinvolto e che continua a ideare, dal suo essere, indubbiamente, uno dei più convinti promotori del nostro territorio. Noto produttore vitivinicolo di La Morra, Gagliardo è anche uno scrittore, «per passatempo» come ama definirsi, che ha ben mixato nei suoi volumi i trascorsi e le prospettive della Langa ed è stato recentemente annoverato tra i nuovi Com­mendatori della Repub­blica durante una cerimonia al circolo Aniene, a Roma, nel corso di una cena di gala.

I paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato sono patrimonio dell’umanità: quali i rischi e quali le opportunità?

«Viviamo in un museo a cielo aperto che ha come fulcro vino e gastronomia. Il riconoscimento Unesco ci apre sicuramente a tante nuove opportunità che dobbiamo essere capaci di cogliere con quello spirito di squadra di cui abbiamo detto in precedenza. Al tempo stesso dobbiamo essere attenti a non giocare al ribasso: la nostra storia e il nostro territorio non lo meriterebbero. La qualità deve continuare a essere per noi un faro, un principio ispiratore. Il basso profilo ap­partiene alla nostra tradizione; è sicuramente un valore, ma non possiamo correre il rischio di abbandonarci completamente ad esso».

Tra le iniziative che ha firmato c’è l’Asta del Barolo. Quali le prospettive?
«Credo che quell’evento abbia dato un contributo importante alla promozione dei nostri prodotti e territori. Ho donato quel format alla “Barolo & Castles Foun­da­tion”, sperando che la manifestazione ri­prenda a breve».

Nel racconto dell’impegno e della passione per questo territorio c’è tutta l’anima del produttore e dell’uomo Gianni Gagliardo, ma si cela anche quella discrezione di Langa, quello stesso riserbo che lascia maturare il Barolo per anni nel buio e nel silenzio delle cantine prima del suo debutto in società come il “re dei vini”.

BaNNER
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