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«Il Tour nelle Langhe tra i noccioleti? Una bellissima idea»

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La Grande Boucle sceglie quest’anno per la prima volta un Grand départ italiano che, a cominciare da Firenze, porterà il peloton anche sulle strade dell’Albe­se. In questo clima tutto francese a chi meglio dunque chiedere un commento in diretta se non a Jérôme Fenoglio, direttore del quotidiano Le Monde, conoscitore del no­stro territorio in virtù anche del suo recente intervento al Festival della TV di Dogliani e del suo ruolo di ambasciatore della nocciola della confraternita cortemiliese?
«È un’idea bellissima quella di far passare il Tour de France tra le colline albesi, un continuo saliscendi in un paesaggio magnifico, unico, così immerso nei vigneti e con le Alpi sullo sfondo. E proprio come ambasciatore della nocciola di Langa nel mondo, non posso anche non sottolineare le distese di noccioleti che caratterizzano queste strade incantevoli. Neive, Barbare­sco, un percorso gradevole per i corridori e importante per la notorietà della regione. Il tour è una corsa, ma anche l’occasione per mostrare in televisione una parte di Pie­monte, che risalendo dalle terre di Coppi presenta in pochi chilometri una grande varietà di panorami: dalla densa vegetazione emergono castelli, paesi abbarbicati sulle cime e dominati spesso da una torre, ma anche costruzioni più moderne molto interessanti, non solo edifici storici. Strade ideali da percorrere in bicicletta, anche al di là di una gara. Un’op­portunità per i francesi di scoprire questi territori di Lan­ghe, Roero e Monferrato, da tempo patrimonio dell’Une­sco».

Quest’anno è la prima volta di un Grand départ in Italia, cui seguono ben tre tappe che dalla Firenze di Bottecchi si allungano alla costa adriatica di Pantani. Come giudica que­sta consuetudine della partenza all’estero?
«Molto bene. Questo passaggio attraverso l’Italia, da To­rino, è un messaggio importante per l’Europa, soprattutto in questo momento. Di­mostra che il Tour, un evento di fama mondiale, è capace di superare le frontiere. Ma non soltanto per l’Europa, è un messaggio universale, di come la Francia sia in relazione con i Paesi vicini e di come lo sport non abbia confini».

Questo periodo è particolarmente intenso per la Francia: le Olimpiadi, ora pure le elezioni…. I francesi vivranno questo tour con la medesima attenzione?
«Certo, il Tour è molto popolare, è da sempre l’evento dell’estate: la gente si sposta in massa per andare a vedere il passaggio dei ciclisti e alla televisione è enormemente seguito in quanto anche fatto saliente della vita sociale. Per Le Monde ci saranno almeno due giornalisti al séguito e daremo costanti notizie an­che sul nostro sito. L’argo­mento, d’altra parte, non viene trattato solo dal punto di vista sportivo, ma anche da quello sociologico culturale: il giro attraversa infatti molti luoghi, presenta molte realtà, storiche, economiche, turistiche».

Anche il Giro d’Italia riscuote buon interesse?
«Gli appassionati di ciclismo lo seguono sicuramente, ma è molto lungo e servizi e dirette sono di conseguenza ridotti. Corse più brevi, come la Milano-Sanremo suscitano forse più partecipazione».

E com’è stato accolto questo arrivo che per la prima volta non sarà a Parigi ma a Nizza?
«Ci sono delle buone ragioni, a luglio la capitale sarà im­mersa nella preparazione dei Giochi olimpici e questa è stata una logica eccezionale. Non credo però si ripeterà: la Francia è un Paese molto centralizzato, l’arrivo a Parigi sugli Champs-Élysées è un simbolo della nostra tradizione che continuerà a rimanere tale».

Qualche sua emozione particolare riferita al Tour?
«Sono molto sensibile, date le mie origini un po’ langarole, un po’ del Sud della Francia, al percorso di quest’anno che ruota inevitabilmente in prevalenza verso il Midi. Una scelta motivata proprio dall’arrivo in Costa Azzurra. Purtroppo però non ho molto tempo per seguirlo; quando ero più giovane mi ricordo del grande Felice Gimondi, ero appassionato di Bernard Hi­nault, uno dei pochi corridori a vincere ben cinque volte il tour. Ora non saprei fare dei pronostici, ammiro molto gli scalatori».

E il suo rapporto con la bicicletta?
«Vado spesso in bicicletta nel weekend, mentre per recarmi al lavoro non sarebbe pratico, anche se a Parigi è un mezzo sempre più diffuso. Niente contro le biciclette elettriche, ma la mia è una bici classica».

Allora Monsieur Fenoglio, la prossima volta l’aspettiamo ad Alba in tenuta da ciclista per inerpicarsi tra i nostri pendii, non in maglia gialla, ma col maillot blanc à pois rouges riservato ai grimpeurs!

 

Il bisnonno era di Cortemilia, oggi è uno dei giornalisti più autorevoli a Parigi ed è stato molto critico con Macron

Jérôme Fenoglio si è laureato all’ESJ (Ecole Supérieure de Journalisme) ed è entrato a far parte di Le Monde nel 1991 come giornalista sportivo. Nel 1996 è diventato editorialista per la sezione France News, prima di diventare redattore della sezione. Successivamente è entrato nella sezione Scienze come reporter, prima di diventare successivamente caporedattore del settimanale Le Monde, poi reporter internazionale e caporedattore dell’edizione digitale di Le Monde. Nel 2014 diventa direttore editoriale e poi nel giugno 2015 è stato eletto direttore di Le Monde. Il suo mandato è stato rinnovato nel luglio 2021 per i prossimi 6 anni.
Nel 2018, dopo un’intervista in cui dichiarava le origini cortemiliesi della sua famiglia, gli è stato assegnato il titolo di ambasciatore della nocciola Tonda gentile delle Langhe nel mondo. Ruolo che porta avanti con grande orgoglio e senso di appartenenza. Quest’anno è tornato per partecipare al Festival della Tv di Dogliani. «Mio bisnonno era di Cortemilia – ha raccontato nell’occasione -, anche se devo ancora migliorare il mio italiano. Non sono certo di essere parente di Beppe Fenoglio, ci accomuna comunque sicuramente la passione per la scrittura».
Recentemente, come direttore di Le Monde, ha preso una posizione molto critica contro Macron dopo la decisione di sciogliere l’Assemblea nazionale in seguito all’esito delle Elezioni: «Macron per amor proprio fa rischiare una crisi democratica», ha scritto.

Articolo a cura di Ada Corneri

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