Le notizie rimbalzate in questi giorni sugli organi di informazione, su casi di caporalato documentati dalla Forze dell’ordine e riferiti alle Langhe, hanno spinto il vescovo di Alba, Mons. Marco Brunetti, a scrivere ai suoi sacerdoti e a tutta la comunità diocesana invitando a denunciare ciò che secondo il Vangelo non è soltanto un reato, ma anche un grave peccato «che esclude dalla comunione eucaristica». La lettera, inviata nella festa di San Benedetto, patrono d’Europa, acquista particolare significato considerando che l’abbate di Norcia aveva dato grande dignità al lavoro agricolo accostandolo alla preghiera con il suo celebre motto “Ora et labora”. Il vescovo di Alba invita a non sottovalutare la situazione, fosse anche un solo caso, perché «anche una sola persona sfruttata, picchiata ed emarginata rappresenta un fatto grave e inaccettabile per una società civile e democratica che fa dell’accoglienza e dell’inclusione un principio cardine della propria convivenza». Il vescovo chiede pertanto ai suoi sacerdoti di leggere la lettera alle loro comunità nel corso della Messa di domenica 21 luglio.
ECCO IL TESTO DELLA LETTERA
Carissimi sacerdoti, diaconi e fedeli tutti,
le notizie di questi giorni, rimbalzate sulle testate giornalistiche di ogni tipo, ci lasciano l’amaro in bocca e ci impongono di non rimanere in silenzio e indifferenti.
Il caporalato nelle nostre belle Langhe è un fatto che la Caritas diocesana già dall’anno scorso, attraverso il progetto “Presidio”, aveva segnalato, così pure il nostro settimanale Gazzetta d’Alba in più riprese ha riportato inchieste sul fenomeno dello sfruttamento di immigrati, spesso senza permesso di soggiorno.
Pertanto questi fatti non ci sorprendono ma sono la conferma di un malcostume presente nei nostri territori blasonati che producono vini di alta qualità.
Non possiamo nasconderci dietro il dito dicendo che si tratta di pochi casi. Sicuramente questo sarà vero, ma anche un solo caso è di troppo, la dignità umana non si misura a peso, anche una sola persona sfruttata, picchiata ed emarginata rappresenta un fatto grave e inaccettabile per una società civile e democratica che fa dell’accoglienza e dell’inclusione un principio cardine della propria convivenza.
Non possiamo pensare che alcuni, anche pochi, si arricchiscano sfruttando manodopera a poco prezzo e senza diritti. Oltretutto infangando l’immagine di quanti agiscono nel rispetto delle leggi e all’insegna della solidarietà.
Ringrazio le Istituzioni, la Magistratura e le Forze dell’ordine per il contrasto a questa piaga sociale.
I credenti eventualmente coinvolti in episodi di sfruttamento di persone deboli e fragili, come i migranti, non solo compiono un reato, di cui dovranno render conto alla giustizia, ma commettono un peccato grave che li esclude dalla comunione eucaristica in attesa di una conversione capace di ottenere il perdono di Dio.
Invito quanti siano a conoscenza di episodi di caporalato di denunciare alle autorità competenti e a fare il possibile affinché chi viene a lavorare nelle nostre aziende, agricole e non, venga trattato con tutto il rispetto dovuto e soprattutto gli vengano garantiti i bisogni essenziali fra cui l’abitazione.
Invito i parroci a leggere questa mia lettera domenica 21 luglio al termine delle SS. Messe come segno di solidarietà verso quanti sono vittime del caporalato e per sensibilizzare quanti hanno responsabilità a intervenire per superare il problema.
Il Vangelo ci impone di non tacere e di assumere stili di vita giusti e sostenibili che cancellino ogni forma di indifferenza.
Vi benedico,
†Marco, vescovo