«La fede si è persa ma la gente ha bisogno di avere speranza»

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RAVENNA FESTIVAL. ALDO CAZZULLO, MONI OVADIA Il duce delinquente. Di e con Aldo Cazzullo e Moni Ovadia, violoncello, pianoforte e voce Giovanna Famulari

Lo abbiamo intervistato tra un servizio e l’altro delle elezioni americane, come inviato a Philadelphia. Quan­do la chiamata arriva da Alba, il tempo per rispondere Aldo Cazzullo lo trova sempre.

Il 27 novembre sarà al teatro Sociale di Alba per “Il romanzo della Bibbia”: si aspettava questo successo di pubblico per lo spettacolo, così come per il libro?
«È stata una grande sorpresa anche per me e mi fa particolarmente piacere perché ri­guarda un libro che ho sentito moltissimo (ho ricominciato a leggere la Bibbia al capezzale di mio padre). Come sempre c’è molta Alba nei miei libri, ma in questo ancora di più perché è storia dei nostri padri che credevano all’esistenza di Dio come al sole che sorge e tramonta. Abbiamo un po’ perso questa fede, anche se andando in giro e parlando con le persone, ho visto che la gente ha molto bisogno di credere, di avere una speranza. Sono un po’ più fiducioso di un anno fa e non escludo più una vita futura. Poi lo spettacolo è emozionante, per me e per chi assiste. Io racconto la storia della Bibbia e Moni Ova­dia è la voce di Dio, le musiche sono di Giovanna Fa­mulari e siamo immersi nelle immagini prodotte dall’Intel­li­genza artificiale. Caino e Abele, Adamo ed Eva, Giu­seppe, Mosè, Davide e le grandi donne della Bibbia: Giuditta, Ester, Maria sorella di Mosè e Maria madre di Gesù. Tantissimi nomi biblici di donne li portano ancora oggi le donne italiane. Anna (come mia mamma), Giu­seppina, Sara, Elisabetta, Ma­ra… nomi stupendi».

Quale aspetto crede che colpisca di più gli spettatori?
«La Bibbia, la fede, i racconti dei nostri padri sono più vivi nella nostra mente e nel cuore di quello che pensiamo. La Bibbia ci parla di noi, lì ci sono le radici della nostra cultura, della civiltà giudaico-cristiana e le radici delle nostre famiglie, il catechismo. An­che le chiese delle Langhe sono piene di raffigurazioni della Bibbia, sono storie che ci risuonano dentro. Magari non le leggiamo ma ci appartengono».

Ad Alba, il 27 novembre, ritirerà anche il Premio San Giuseppe (prima di lei personaggi come Ernesto Olivero, Carlin Petrini): quali sensazioni?
«Fa sempre piacere ricevere un premio dalla propria città e San Giuseppe era la chiesa preferita da mio padre assieme alla Madonna Mo­retta, cioè la sua parrocchia. Amava anche la chiesa di San Giovanni dove ammirava il quadro di Macrino che gli piaceva moltissimo. Sono fiero che Alba sia diventata patrimonio Unesco e che sia cresciuta tanto in questi decenni non solo dal punto di vista turistico, ma anche culturale. I nostri vignaioli non sono aristocratici come la Toscana degli Antinori e dei Fresco­baldi, sono contadini e fanno ormai i vini migliori del mondo: Gaia, Ceretto, Con­terno che ricordo ragazzino come me ed è un grande produttore, l’amico Gagliardo e tanti altri. Sono orgoglioso per come fanno il loro lavoro, penso al lavoro della terra al rispetto delle stagioni e della natura. Tutto questo non è un fatto solo commerciale, ma culturale e direi quasi artistico».

L’abbiamo vista ospite al “Laboratorio di resistenza permanente” in Fondazione Mirafiore con tutta la famiglia al completo.
«Aver perso nostro padre alla vigilia del Natale ha reso ancora più saldo un rapporto già molto forte. Con mia madre, ovviamente, e con mio fratello che sta facendo un ottimo lavoro alla Banca d’Alba, sono molto fiero di lui».

E ci dica di Oscar Farinetti scrittore: come lo vede?
«La nostra amicizia è una bella storia. Io non lo conoscevo, scrissi il romanzo “La mia anima ovunque tu sia” in cui si riprendeva la leggenda albese del tesoro della IV Armata diviso tra Curia e partigiani. Qualcuno vide in quel racconto una critica a Farinetti… Non si offese, anzi mi chiese di presentare il libro da lui e nacque una bellissima amicizia. La cosa che mi piace di Oscar è che non l’ho mai visto di cattivo umore, ma sempre ottimista e fiducioso. Questa energia la vedo non solo nel suo lavoro ma anche nei suoi libri. Tra i tanti talenti, Oscar ha anche quello dello scrittore».

A proposito di libri, l’incipit della Bibbia supera qualsiasi confronto?
«”In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano gli abissi. E lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: Sia la luce. E la luce fu. Dio vide che era cosa buona, e fu sera e fu mattina: primo giorno”. Be’, non esiste libro che inizi in modo altrettanto potente. Forse si può fare un paragone con il nostro grande concittadino Beppe Fenoglio e il suo “La malora” che parte così: “Pioveva su tutte le Langhe e lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra”. Era un altro che sapeva come cominciare un libro. Però la Bibbia non so se sia stata scritta da Dio in persona ma certo è scritta da Dio, cioè divinamente».

La Bibbia, nel racconto della creazione, parla di «uomo e donna sullo stesso piano». Un messaggio oggi attualissimo?
«Insisto molto, tra libro e spettacolo, sul ruolo della donna. La Bibbia è patriarcale ma anche matriarcale. Tutto comincia con Eva, lei dà ad Adamo la vita. Cogliendo il frutto dall’albero della conoscenza del bene e del male, viola una legge di Dio causando la cacciata dal paradiso terrestre. Un luogo dove ci saremmo annoiati a morte: è stata la donna con il suo coraggio a gettare l’uomo nel vortice delle cose e a far cominciare la storia».

Intanto nel mondo si uccide ancora “in nome di Dio”.
«“Non nominare il nome di Dio invano” non vuol dire solo non bestemmiare, ma non strumentalizzare Dio per scopi politici o ideologici. Nella storia però è stato sempre fatto: crociati, nazisti e oggi terroristi islamici e terroristi ebrei».

Su La 7 prosegue con ottimi risultati il suo programma “Una giornata particolare”. Si passa da personaggi storici a vicende più recenti come le ultime ore di Pasolini…
«Un’altra bellissima sorpresa. Un milione e 200mila spettatori di media, 4 milioni di contatti per ogni puntata: sono risultati straordinari per la storia in prima serata. Un’altra conferma che gli italiani sono più legati alla loro storia di quanto pensino di essere. Pier Paolo Pasolini è una ferita ancora aperta nella coscienza del Paese, non è stato Pino Pelosi da solo a ucciderlo e forse non è stato neppure lui. La trasmissione andrà avanti raccontando giornate particolari sia del 900 sia del passato e tornerà anche l’anno prossimo. In­tanto, vi aspetto al Sociale di Alba».

CHI È

Nato ad Alba il 17 settembre 1966, è vicedirettore del Corriere della Sera: notevoli le sue lunghe e dettagliate interviste ai personaggi celebri, così come i reportage su temi di cronaca (ha seguito le presidenziali americane). È anche scrittore capace di portare i suoi libri a teatro

COSA HA FATTO

Ha dedicato quasi trenta libri alla storia e all’identità italiana. Elementi che ritornano anche nel suo saggio “Il romanzo della Bibbia”, best-seller da cui è tratto anche lo spettacolo teatrale che da mesi sta portando in tournée assieme a Moni Ovadia e Giovanna Famulari

COSA FA

Per La7 conduce il programma in prima serata “Una giornata particolare” che racconta alcuni eventi del passato più o meno recente della storia italiana, con approfondimenti dedicati ai personaggi. I risultati sono ottimi: la puntata della scorsa settimana, dedicata a “Pier Paolo Pasolini: l’ultima notte” è stata seguita da 983.000 spettatori (con uno share del 6.1%)