«Ogni uomo, ogni popolo, ogni città ha la propria memoria, la propria storia, la propria responsabilità». Parole di Norberto Bobbio che riassumono i giorni che ha vissuto Alba, prima in occasione dei trent’anni dall’alluvione del 1994 affrontata dall’allora sindaco Enzo Demaria, poi durante il 75° anniversario della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Due eventi distinti nel tempo, ma uniti nella capacità della città e del territorio di risorgere e nel desiderio di onorare i sacrifici che ne hanno plasmato l’identità. Con diverse iniziative, Alba ha reso omaggio al passato, ma con uno sguardo carico di speranza verso il futuro. Non a caso le celebrazioni della Medaglia d’Oro al Valor Militare si sono aperte con un incontro per gli studenti, nel Teatro Sociale “G. Busca”, in cui Paolo Borgna, presidente dell’Istituto Storico della Resistenza, ha tenuto una lezione sul valore della Resistenza: sono stati 204 i caduti ad Alba, la metà nativi dell’Albese.
Una settimana di emozioni, di silenzi, di consapevolezza, di storie, di ricordi. Tra i momenti più toccanti, la lettura della storica lettera del 1945 di Teodoro Bubbio, con cui Alba richiedeva il riconoscimento della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Cinque ex sindaci – Ettore Paganelli, Tomaso Zanoletti, Giuseppe Rossetto, Maurizio Marello e Carlo Bo – e l’attuale primo cittadino Alberto Gatto si sono alternati nella lettura, come a simboleggiare una staffetta di valori e di impegno civico che supera il tempo e le singole amministrazioni. Ognuno degli interpreti ha scelto sguardi e parole diverse per raccontare il passato che lega tutti e che quindi diventa seme di futuro. Ettore Paganelli, sindaco dal 1963 al 1970, si è soffermato sul ruolo profondo che la Medaglia ha avuto durante il suo mandato e quelli successivi. «La Medaglia è sempre stata lì, un simbolo che tenevamo tutti nel cuore e nella mente, una guida che ci ricordava chi eravamo e cosa dovevamo fare». Le sue parole sono semplici e convinte: «Alba stava ancora cercando di rialzarsi dalle difficoltà della guerra e del dopoguerra, e la Medaglia ci ha dato forza e responsabilità, spingendoci a fare di più e a rendere questa città un luogo di cui essere fieri. Nei miei anni come sindaco, era un richiamo costante: dovevamo lavorare per costruire una città che rispettasse i valori di chi ha dato tutto per Alba». Con affetto, Paganelli ricorda i suoi colleghi, passati e presenti, per il contributo che hanno dato alla crescita della città: «Ogni volta che vedo la Medaglia, penso a coloro che ci hanno preceduto, a chi ha lottato per la libertà. È una memoria che non svanisce e che ci ispira ancora oggi, spronandoci a fare sempre di più».
Le suggestioni di Tomaso Zanoletti, sindaco dal 1977 al 1990, si concentrano sul giorno in cui il presidente Luigi Einaudi consegnò la Medaglia alla città, un momento storico che ha segnato profondamente Alba. «Einaudi arrivò in treno, partecipò alla messa e visitò il Comune senza alcuna cerimonia pomposa. Fu un omaggio a una città ferita dalla guerra, che però aveva trovato la forza di rialzarsi nella propria essenza e nel sacrificio di ogni cittadino». La sua riflessione prosegue: «La Medaglia è il simbolo di un sacrificio comune e di una storia che va oltre le singole vite, e per me resta la testimonianza che Alba è un luogo di dignità e coraggio». Guardando al presente, Zanoletti esprime la speranza che questi valori siano il legame per le generazioni future: «Il passato ci insegna che, anche nei momenti più difficili, l’unità e la resilienza di Alba ci guidano verso un domani che non dimentica e si rinnova grazie alla memoria di chi è venuto prima».
Giuseppe Rossetto, primo cittadino dal 1999 al 2009, ricorda il profondo impatto che il furto della Medaglia ha avuto sulla comunità. «Quando la Medaglia è stata rubata a maggio 2023, è come se Alba avesse perso una parte della sua anima», afferma con un guizzo nella voce. «Quell’evento ha risvegliato una consapevolezza che forse stavamo dando per scontata: la Medaglia era il cuore di Alba, il legame con chi ci ha preceduto. Non era solo un simbolo in una teca, ma un pezzo di storia che ci appartiene e che rappresenta ogni cittadino. Quando finalmente è stata restituita, abbiamo capito ancor di più il valore che ha per ciascuno di noi». Rossetto va oltre e coglie un messaggio di speranza: «Oggi, questa Medaglia parla per noi. Ci ricorda cosa significa essere una comunità, superare insieme le difficoltà e mantenere vivo il senso di appartenenza. È la voce di Alba, simbolo del coraggio che ci ha sempre contraddistinto e che continuerà a essere la nostra guida».
L’attuale sindaco Alberto Gatto raccoglie questa testimonianza di comunità e resilienza, esprimendo il significato profondo del ritorno della Medaglia: «Riportarla qui è come restituire una parte di noi stessi alla città. È un segno che, anche quando ci sentiamo smarriti, abbiamo radici che ci tengono saldi e che, insieme, possiamo continuare a scrivere la storia di Alba con orgoglio e unità». Gatto riflette sulle sfide moderne: «Oggi sembra più difficile trovare quell’unità che un tempo era naturale, viviamo in un’epoca che ci porta a dimenticare. Ma Alba è costruita su una storia di solidarietà e coraggio. La nostra memoria è un richiamo costante a chi siamo e a cosa possiamo diventare, se restiamo uniti. Come credevano i nostri nonni e i nostri padri, anche noi crediamo che Alba debba rimanere fedele ai valori antifascisti con le nuove generazioni chiamate a custodirli».
Proseguendo su questo sentiero, Carlo Bo, sindaco dal 2019 al 2024, porta l’attenzione sull’impegno per trasmettere questi valori ai giovani, ricordando l’importanza di progetti nelle scuole per comprendere quanto la libertà e la giustizia siano frutto di sacrifici passati. «L’anno del 75° anniversario della Medaglia d’Oro e dell’ottantesimo anniversario dei 23 giorni della Repubblica partigiana rappresentano per Alba un momento di profonda riflessione. Giovanissimi partigiani hanno liberato la città proclamando una Repubblica antifascista. Quei giorni hanno ridato dignità alla nostra città e al nostro Paese, segnando un cammino di libertà e democrazia». Bo sottolinea l’importanza di riportare questi valori nelle scuole, affinché le nuove generazioni comprendano quanto la libertà e la giustizia siano frutto di sacrifici passati. «Ripartire non è stato facile, ma grazie al supporto di tutti, ce l’abbiamo fatta. È uno spirito che ci appartiene e ci rende resilienti, pronti a emergere ogni volta che la nostra città ne ha bisogno, come durante l’alluvione quando in quindici giorni ci fu il “Miracolo Ferrero” e grazie all’aiuto di dipendenti e cittadini la produzione ripartì».
Maurizio Marello, sindaco dal 2009 al 2019, chiude idealmente le riflessioni con un richiamo alla resilienza della città, ricordando il percorso di rinascita dopo l’alluvione del 1994. «Abbiamo imparato a convivere con il Tanaro, a rispettarne la forza, ma anche a fare tesoro dei sacrifici che la tragedia ci ha insegnato, proiettandoci verso una nuova speranza». Marello ha sottolineato come i due eventi storici – Resistenza e alluvione – abbiano segnato Alba, rendendola una comunità consapevole e determinata. «La nostra storia ci insegna a non dimenticare, e ricordare ci aiuta a costruire un futuro migliore». L’ex primo cittadino ha ricordato l’emozione di dare voce, insieme agli altri sindaci, alla lettera di Teodoro Bubbio: «Abbiamo dato voce a Bubbio, quel sindaco che aveva scritto parole che ancora oggi ci toccano nel profondo. È stato un modo per rendere omaggio a un uomo che ha dato tutto per la città, raccontando gli accadimenti della Resistenza con una forza e una precisione che non dimenticheremo. È stata un’emozione autentica, non solo per me, ma per tutti noi, per ogni albese che sente questo legame con la storia della città».
La cerimonia si è conclusa con un corteo solenne, accompagnato dalle note dell’ inno di Mameli, e la Medaglia è stata riportata nella sua teca al Municipio. Nell’atrio, una mostra documentale racconta il valore della Resistenza e la resilienza della città, coinvolgendo i giovani e proseguendo il percorso di sensibilizzazione nelle scuole. Le parole di Liliana Segre risuonano come un monito: «Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare».
Articolo a cura di Daniele Vaira