I tagli legati alla legge di stabilità penalizzerebbero l’80% dei comuni piemontesi con meno di 200 abitanti
Mercoledì 17 dicembre 2014 – 10.00
Il divario tra aree ad alta e bassa densità di popolazione, in Piemonte e in Italia, aumenta. Contro ogni principio base dello Stato sancito della Costituzione. I tagli del piano presentato ieri da Poste Italiane sono inaccettabili e insensati, legati alla legge di stabilità in discussione in Parlamento: in più dell’80% dei Comuni piemontesi, quelli con densità di popolazione inferiore ai 200 abitanti per chilometro quadrato, verrebbero infatti cancellati uffici postali e la corrispondenza sarà soltanto più consegnata a giorni alterni.
Tutto motivato dalla necessità di riduzione del personale di Poste, dalla scelta di riorganizzare il Servizio postale universale, nonché dall’aumento – secondo quanto dichiarato dal cda di Poste – dell’uso di e-mail e e-commerce.
“Sono gravissime le notizie che arrivano da Roma – afferma il presidente Uncem Piemonte Lido Riba – Vogliamo sperare che il Governo blocchi questo ennesimo attacco ai territori più deboli, ai Comuni, alle comunità, che vedranno sparire un servizio storico e radicato, tra i pochi ancora rimasti nei paesi montani e nelle aree rurali. Molti centri hanno già subito negli ultimi cinque anni riduzioni di orari di apertura e consegne a singhiozzo. Ora si abbatte un’altra scure sui territori, prevista dalla legge di stabilità all’articolo 23 comma 3 e ribadita da Poste nel piano verso il 2020 varato dal cda”.
Uncem ha da sempre denunciato i rischi del divario digitale, viste le enormi differenze tra aree urbane raggiunte da ottima connettività e zone rurali dove internet funziona singhiozzo.
“Al divario digitale si unisce un divario reale di servizi, sempre più marcato. Anche per questo – prosegue Riba – Uncem ha scritto ai Parlamentari piemontesi chiedendo di intervenire presso la Presidenza del Consiglio, presso i Ministeri, le Commissioni. Abbiamo bisogno di una politica per la montagna e l’immediata necessità di arginare le derive centraliste e metropolitane che compromettono servizi e investimenti nelle aree marginali. Quello di Poste è solo l’ennesima scelta di un gruppo che rimasto a metà tra pubblico e privato, senza che nessuno faccia chiarezza in merito, che fa quello che vuole giocando con il territorio e le comunità. L’ad di Poste Caio vada a vivere un paio di mesi a Santa Maria Maggiore, a Caprauna, a Ceresole Reale o a Balme. Poi capirà perché le sue scelte sono scellerate e prive di ogni logica”.